Fattura elettronica con termini differenziati per le sanzioni

In primo piano

L’applicazione delle sanzioni ridotte all’80%, nel caso di tardiva emissione delle fatture, slitta al prossimo 30.09 per i contribuenti mensili. Resta ferma, invece, l’attenuazione delle sanzioni indicate per il primo semestre 2019 nei confronti dei contribuenti trimestrali.
Questa la disciplina sul contenimento delle sanzioni disposta dalla legge 136/2018, di conversione del D.L. 119/2018, in tema di sanzioni per la tardiva fatturazione in formato digitale.
L’art. 10, c. 1, lett. b), infatti, testualmente recita “si applicano con riduzione dell’80% a condizione che la fattura elettronica sia emessa entro il termine di effettuazione della liquidazione dell’imposta sul valore aggiunto del periodo successivo”, con l’aggiunta che “per i contribuenti che effettuano la liquidazione periodica dell’imposta sul valore aggiunto con cadenza mensile le disposizioni di cui al periodo precedente si applicano fino al 30.09.2019”.
Nell’attuale versione, il citato art. 10 dispone innanzitutto che le sanzioni non si applicano, se la fattura viene emessa in formato digitale oltre il termine dell’art. 21 del decreto Iva, ma entro la scadenza prevista per la liquidazione del periodo di riferimento (sia essa mensile o trimestrale); se invece la fattura è emessa oltre tale termine, ma entro quello della liquidazione Iva del periodo successivo, le sanzioni sono ridotte dell’80%, quindi con applicazione del 20% delle sanzioni indicate dal D.Lgs. 471/1997.
Pertanto, in caso di emissione della fattura oltre i termini prescritti dall’art. 21 D.P.R. 633/1972, non si rendono applicabili le sanzioni, di cui all’art. 6 D.Lgs. 471/1997 se la fattura è comunque emessa entro il termine di effettuazione della liquidazione periodica.
Il legislatore, in sede di conversione del D.L. 119/2018, è riuscito a complicare ulteriormente la situazione prevedendo che l’agevolazione di cui all’art. 1, c. 6 D.Lgs. 127/2015, come modificato, appunto, dall’art. 10 D.L. 119/2018 convertito, si applica fino al 30.06 prossimo, quindi nel primo semestre 2019 per i contribuenti trimestrali e fino al 30.09.2019 per i contribuenti mensili.
Con la modifica intervenuta in fase di conversione del D.L. 119/2018, il periodo di applicazione delle disposizioni “di favore” (riduzione delle sanzioni dell’80%) è esteso sino al 30.09.2019, ma “esclusivamente” per i soggetti passivi Iva che eseguono la liquidazione periodica con cadenza mensile.
Si evidenzia che, anche se la fattura digitale non è emessa entro i termini ordinari prescritti, il cessionario o committente deve fornire i dati per la relativa compilazione e trasmissione.
La soluzione era stata già riconosciuta dall’Agenzia delle Entrate (circ. 13/E/2018, par. 1.5) che aveva riconosciuto la natura formale dell’inadempimento, ai sensi dell’art. 6, c. 5-bis D.Lgs. 472/1997, “in sede di prima applicazione delle disposizioni”, di cui all’art. 1 D.Lgs. 127/2015, e nel caso in cui la fattura fosse emessa con un “minimo ritardo” rispetto al termine indicato dall’art. 21, c. 4 del decreto Iva e il ritardo non avesse compromesso la corretta liquidazione del tributo, quindi la liquidazione periodica: è conseguente la non applicazione delle sanzioni prescritte.
Il cessionario e il committente devono tramettere l’autofattura “denuncia” al sistema SdI nel caso di mancato ricevimento della fattura entro 4 mesi, con pagamento del tributo entro il 30° giorno successivo (Agenzia delle Entrate, provvedimento 89757/2018), il che produce la non applicazione delle sanzioni indicate all’art. 6, c. 8 D.Lgs. 471/1997 (100% del tributo, con l’applicazione del minimo di 250 euro per ogni violazione).

fonte: ratio quotidiano

Decreto collegato fiscale 2019: proroga applicazione reverse charge a fini IVA fino al 30 giugno 2022

In primo piano

Pubblicato definitivamente in Gazzetta Ufficiale il testo del disegno di Legge di conversione del decreto fiscale 119/2018 contenente le misure fiscali urgenti. Durante l’esame in sede referente, è stata approvata l’introduzione del comma 2-bis all’articolo 2 che proroga al 30 giugno 2022 l’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile facoltativa (cd. reverse charge) IVA, in coerenza con la più recente evoluzione della normativa europea.

Si ricorda che l’adempimento dell’imposta secondo il meccanismo dell’inversione contabile, ai sensi dell’articolo 17, quinto comma, del D.P.R. 633/72, comporta che gli obblighi relativi all’applicazione dell’IVA debbano essere adempiuti dal soggetto passivo cessionario o committente, in luogo del cedente o del prestatore. Tale meccanismo, adottato dagli Stati membri in deroga alla procedura normale di applicazione dell’IVA secondo il sistema della rivalsa, mira a contrastare le frodi in particolari settori a rischio, evitando che il cessionario porti in detrazione l’imposta che il cedente non provvede a versare all’erario. 

L’articolo 17, sesto comma del D.P.R. 633/72, alle lettere b), c), d-bis), d-ter) e d-quater) riporta le categorie di beni e servizi per le quali l’Italia ha inteso far uso della deroga, cioè

  • le cessioni di telefoni cellulari (“apparecchiature terminali per il servizio pubblico radiomobile terrestre di comunicazione soggette alla tassa sulle concessioni governative”), con esclusione dei componenti e accessori per i telefoni cellulari;
  • le cessioni di dispositivi a circuito integrato, quali microprocessori e unità centrali di elaborazione, effettuate prima della loro installazione in prodotti destinati al consumatore finale; da questa categoria vanno esclusi i computer quali beni completi e i loro accessori;
  • le cessioni di console da gioco, tablet PC e laptop;
  • trasferimenti di quote di emissioni di gas a effetto serra trasferibili (articolo 3 della Direttiva 2003/87/CE);
  • i trasferimenti di altre unità che possono essere utilizzate dai gestori per conformarsi alla citata Direttiva 2003/87/CE e di certificati relativi al gas e all’energia elettrica;
  • le cessioni di gas e di energia elettrica a un soggetto passivo-rivenditore.

In precedenza, l’articolo 199-bis della direttiva IVA consentiva l’applicazione del meccanismo di inversione contabile cd. facoltativa fino al 31 dicembre 2018; tale disposizione è riprodotta dall’articolo 17, comma 8 del DPR IVA, su cui intervengono le norme in esame. L’articolo 199-bis è stato recentemente modificato dalla Direttiva UE 2018/1695 del 6 novembre 2018, che ha prorogato il termine per l’applicazione facoltativa del reverse charge al 30 giugno 2022. Le modifiche proposte in coerenza coi nuovi termini fissati in sede UE, modificano il richiamato comma 8 dell’articolo 17, per coordinare il termine ivi previsto con quello dell’articolo 199-bis. Si intende, dunque, prorogare l’applicazione facoltativa del reverse charge nei predetti settori al 30 giugno 2022

fonte: Il Sole 24 Ore

Flat Tax

La legge di Bilancio 2019 (art. 1, cc. 9-11 legge 145/2018) contiene un’estensione del regime forfetario introdotto dalla legge 190/2014 per le persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni. Il regime prevede l’applicazione dell’imposta sostitutiva (un’applicazione della Flat Tax) al 15% su un reddito determinato con coefficienti forfetari determinati in relazione all’attività esercitata.
Particolare attenzione deve essere riservata in questi giorni alle condizioni di accesso che, perlopiù, riguardano i parametri del 2018. Possono ora accedere al regime le persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni che nel 2018 hanno conseguito ricavi o compensi, ragguagliati ad anno, non superiori a 65.000 euro. Per le nuove attività conta la previsione di non superare il limite. Si segnala, peraltro, che, salvo nuovi interventi normativi, dal 2020 è stato previsto un ulteriore regime agevolato per i ricavi e i compensi compresi tra i 65.001 e i 100.000 euro.
Sono poi previsti alcuni vincoli. Rispetto al 2018 sono stati eliminati i vincoli relativi all’assenza di spese per lavoro dipendente superiori a 5.000 euro, utilizzo di beni strumentali per oltre 20.000 euro e percezione di redditi da lavoro dipendente per oltre 30.000 euro.
Permangono, invece, le cause ostative relative all’utilizzo di regimi speciali ai fini dell’imposta sul valore aggiunto o di regimi forfetari di determinazione del reddito, i limiti per i soggetti non residenti UE né SEE ed ancora i limiti per i commercianti di fabbricati e di auto nuove.
Confermata anche l’esclusione per chi partecipa a società o associazioni professionali trasparenti, nonché a chi controlla società a responsabilità limitata che svolgano, però, un’attività riconducibile a quella della persona fisica.
Per motivi antielusivi è stata introdotta una nuova causa ostativa riguardante le persone fisiche la cui attività sia esercitata prevalentemente nei confronti dei precedenti datori di lavoro, o comunque di soggetti a questi riconducibili. È forte, infatti, la tentazione di trasformare rapporti di lavoro subordinato in rapporti di lavoro autonomo.
Come indicazione generale, la cui fonte è attribuibile alla relazione governativa della legge 190/2014 e alla circolare 10/2016, occorre ricordare che i parametri reddituali devono essere riferiti all’anno precedente, mentre le cause ostative devono essere verificate in contemporanea con il periodo di produzione del reddito.
Queste regole, se non smentite, comporteranno la sostanziale applicazione del regime forfetario nel 2019 senza alcun limite reddituale per quelle persone fisiche che nel 2018 sono sotto il parametro dei 65.000 euro nonché, riteniamo, a tutti coloro che iniziano l’attività nel corso del 2019.
Per contro, le persone fisiche che nel 2018 incappavano in una condizione ostativa possono comunque accedere al regime forfetario se la rimozione della causa ostativa precede l’inizio dell’attività. Così, ad esempio, un professionista che partecipa ad uno studio associato può liberarsi dal vincolo associativo (anche nel 2019) e avviare subito dopo un’attività professionale individuale in regime forfetario.
Il regime forfetario, confrontato con la tassazione ordinaria dei redditi corrispondenti, può offrire significativi vantaggi potenzialmente anche estremamente elevati. Ci domandiamo se le Entrate, in sede interpretativa, interverranno con prescrizioni in materia di abuso del diritto perché le possibilità di arbitraggio sono elevate e non tutte le soluzioni possono essere riconducibili alla libertà di scelta tra regimi opzionali, forse anche per deficit tecnici delle nuove misure.

A.d.V.

Consegna della fattura elettronica al destinatario: consigli pratici.

La fattura elettronica, che dal 2019 ha sostituito la fattura cartacea o digitale nei rapporti tra i privati (salvo i casi di esclusione), viene emessa mediante la sua trasmissione telematica al Sistema di Interscambio gestito dall’Agenzia delle Entrate.
Il Sistema di interscambio agisce come un postino, in quanto riceve la fattura elettronica inviata dall’emittente e, dopo aver accertato la sua correttezza, la invia o mette a disposizione del destinatario.
Quest’ultimo può disporre della fattura elettronica in 3 modi:
a) comunicando al fornitore un proprio indirizzo PEC o un “codice destinatario” di 7 caratteri;
b) comunicando all’Agenzia delle Entrate un proprio indirizzo PEC o un “codice destinatario” di 7 caratteri;
c) accedendo alla propria area riservata nel portale “Fatture e Corrispettivi”, dal sito www.agenziaentrate.gov.it, dove è disponibile la fattura elettronica inviata dal fornitore, previa autenticazione mediante SPID o credenziali per l’accesso rilasciate dall’Agenzia delle Entrate.
La PEC o il codice destinatario rappresentano l’equivalente telematico dell’indirizzo postale.
L’Agenzia delle Entrate invierà la fattura:
– all’indirizzo PEC o codice destinatario risultante dalla fattura emessa;
– all’indirizzo PEC o al codice destinatario comunicato dal destinatario, indipendentemente dall’indirizzo PEC o codice destinatario indicato in fattura e anche se all’emittente non è stato comunicato alcunché.
Se non avrà ricevuto comunicazione di indirizzo PEC nè codice destinatario, l’Agenzia delle Entrate non potrà inviare nulla e metterà a disposizione del destinatario la fattura nella sua area riservata del portale “Fatture e Corrispettivi”, dando comunicazione all’emittente della mancata consegna.
La comunicazione della PEC o del codice destinatario, che non è obbligatoria né deve essere richiesta dal fornitore, può causare problemi a quest’ultimo in quanto, se ne sbaglia l’indicazione:
– incorre nello scarto della fattura inviata, con necessità di nuovo invio;
– può inviare la fattura elettronica a un soggetto diverso dal reale destinatario, con tutte le complicazioni del caso.
Il fornitore, se non riceve comunicazione della PEC o del codice destinatario del cliente:
– in sede di invio della fattura elettronica, deve indicare come codice destinatario “0000000”;
– deve consegnare al cliente (salvo sua rinuncia se consumatore finale) una copia della fattura elettronica, da stampare su carta o inviare tramite mail, nella quale va riportata la specificazione (ovvia, tra poco tempo) che l’originale è consultabile nella sua area riservata del sito dell’Agenzia delle Entrate.
Alla luce di ciò, al destinatario della fattura elettronica conviene solo registrare all’Agenzia delle Entrate la PEC o codice destinatario; tra l’altro, non comunicando PEC o codice destinatario al fornitore, si beneficia da subito della copia della fattura elettronica, per poterne verificare il contenuto senza attendere la consultazione dell’originale; peraltro, nella prassi si rilascia comunque al cliente una copia “di cortesia” della fattura elettronica per quanto appena detto.
Dato che una grandissima parte dei destinatari della fattura elettronica ha provveduto a registrare PEC o codice destinatario all’Agenzia delle Entrate, gli operatori possono quindi evitare ai loro clienti inutili richieste di comunicazione di PEC/codice destinatario su cui ricevere la fattura elettronica, che comportano perdite di tempo e disagi per tutti senza alcuna utilità pratica.
Si sconsiglia, in assenza di comunicazione di PEC o codice destinatario del cliente, la ricerca del suo indirizzo PEC nel sito www.inipec.gov.it: si tratta di un’azione arbitraria (in quanto è il cliente che può darne comunicazione e se non lo fa, avrà i suoi motivi) e inutile.

fonte: ratio quotidiano

Valore legale della copia di cortesia nella fattura elettronica

Per il solo consumatore finale, la copia di cortesia ha valenza anche ai fini fiscali. Soltanto in caso di discordanza con i contenuti della fattura elettronica, anche emessa in data successiva, e fatta salva la prova contraria, queste copie possono essere utilizzate dal privato come documenti utili ai fini, per esempio, delle detrazioni fiscali. Una delle questioni più ricorrenti, dibattuta in dottrina con indicazioni diametralmente opposte, riguarda proprio la validità della copia di cortesia ai fini delle detrazioni per la ristrutturazione o per il risparmio energetico.
È certo che in tutti i casi in cui corre l’obbligo di emissione di fatturazione elettronica, la fattura stessa, emessa nel formato legale (XML), è l’unico documento rilevante ai fini civili e fiscali, sia per l’emittente, sia per il destinatario, con obbligo di conservazione digitale a norma, ai sensi dei decreti 17.06.2014 e 3.12.2013; quindi il legale o il commercialista, per la prestazione eseguita nei confronti di un privato cittadino, non partita Iva, deve emettere sempre la fattura digitale.
Per esigenze soprattutto di leggibilità (problema superato con i convertitori del formato XML), al cliente può essere consegnata una copia cartacea (anche in versione .pdf) che non assume alcun valore fiscale, giacché tale documento viene considerato appunto una mera “copia di cortesia”; ciò è diventato un obbligo, dal 1.01.2019, per i clienti non stabiliti (esteri) e per i consumatori finali nazionali (privati).
Non solo. La fattura elettronica deve essere emessa anche a favore di soggetti che non sono tenuti alla relativa emissione come i forfetari, di cui all’art. 1, cc. da 54 a 89 L. 190/2014, i minimi, di cui all’art. 27, cc. 1 e 2 D.L. 98/2011 e i produttori agricoli esonerati, di cui all’art. 34, c. 6 D.P.R. 633/1972, nonché gli operatori sanitari che inviano i dati al Sistema tessera sanitaria (STS).
Quindi, in aderenza alle vigenti disposizioni e sulla base della risposta a una FAQ dall’Agenzia delle Entrate, qualora il cliente sia un consumatore finale, l’esercente o il prestatore dovrà comunque mettere a disposizione della controparte, al momento dell’emissione della fattura elettronica, una copia analogica o elettronica della fattura (provvedimento Agenzia delle Entrate 30.04.2018), comunicando “contestualmente” che il documento è messo a disposizione dal sistema SdI nell’area riservata del sito web delle Entrate. La copia analogica (cartacea) o elettronica potrà essere consegnata anche anticipatamente, vista la possibilità, almeno per la fase transitoria fino al 30.06.2019, di non essere colpiti da sanzioni in presenza di una fatturazione successiva rispetto al momento impositivo, di cui all’art. 6 D.P.R. 633/1972, sempreché l’emissione avvenga entro il termine relativo alla liquidazione periodica.
La stessa Agenzia delle Entrate, sul tema della copia di cortesia, precisa che ai fini del controllo documentale, di cui all’articolo 36-ter D.P.R. 600/1973, deve essere fatto riferimento ai contenuti della copia analogica (quindi cartacea) rilasciata al consumatore finale e che, in caso di discordanza nei contenuti tra la fattura elettronica e la copia cartacea, fatta salva la prova contraria (per esempio, l’entità del pagamento effettuato), saranno ritenuti validi, anche ai fini tributari, quelli della fattura digitale.
Molti ritengono che la fattura cartacea sia valida anche per la registrazione e lo scarico di costi per imprese e lavoratori autonomi, ma non è così perché i soggetti passivi Iva (e non i consumatori finali), anche in regime sostitutivo, devono scaricare il file in formato XML, procedendo nella relativa contabilizzazione.

fonte: Il Sole 24 Ore

Fatture cartacee di fine 2018 ricevute nel 2019: come fare

In primo piano

Come dobbiamo trattare le fatture di acquisto datate 2018 ma ricevute nel 2019, non in formato elettronico ma cartacee, oppure via e-mail?

La questione riguarda tanto il fornitore (può ancora emettere a inizio gennaio le ultime fatture cartacee riportanti data 31.12.2018?) quanto il cessionario/committente (può ancora accettare, a inizio 2019, l’arrivo delle fatture analogiche?). Al quesito ha già risposto l’Agenzia delle Entrate in una delle FAQ pubblicate sul proprio sito a fine novembre: “L’obbligo di fatturazione elettronica scatta, in base all’art. 1, comma 916 della legge di Bilancio 2018, per le fatture emesse a partire dal 1.01.2019. Pertanto, il momento da cui decorre l’obbligo è legato all’effettiva emissione della fattura. Nel caso rappresentato, se la fattura è stata emessa e trasmessa nel 2018 (la data è sicuramente un elemento qualificante) in modalità cartacea ed è stata ricevuta dal cessionario/committente nel 2019, la stessa non sarà soggetta all’obbligo della fatturazione elettronica”.
L’Agenzia delle Entrate, non lo si può pretendere, non arriverà mai a scrivere che nei primi giorni del 2019 si potranno ancora consegnare, spedire, trasmettere o mettere a disposizione del cliente fatture analogiche datate 2018, nemmeno se rientranti nella casistica delle differite. Un’apertura in tal senso fu già esclusa nella circolare n. 13/E/2018 (par. 1.3) con riferimento ai casi di avvio anticipato da luglio e sarebbe controcorrente rispetto alle ultime modifiche introdotte dall’art. 11 D.L. n. 119/2018 basate sul presupposto, si legge nella relazione illustrativa, che la fattura si considera emessa quando è trasmessa.
Ricordiamo che anche la circolare 1/E/2018 dice che l’arrivo della fattura è riconducibile alla protocollazione progressiva dell’art. 25 (invero abrogata dal 24.10.2018 ma ancora possibile), laddove la ricezione non risulti da Pec o altri sistemi che attestino la ricezione. Nulla di insostenibile, in sostanza, se una fattura datata lunedì 31.12.2018 risulterà ricevuta, annotata e detratta entro tale data. Ma nulla di strano, in senso assoluto, nemmeno se la fattura, perché spedita il 31.12.2018 attraverso un ufficio postale arriva qualche giorno dopo, nei primi giorni del 2019, con detrazione che però slitta di un mese.
Non può essere gestita in modalità cartacea, invece, una fattura spedita/trasmessa successivamente al 31.12.2018 con tanto di documentazione della data di trasmissione. Se il fornitore non ce l’ha fatta a spedire la fattura cartacea entro il 31.12.2018, è quindi opportuno che eviti di mandarla tramite strumenti tracciati (ad esempio la Pec) per non mettere in difficoltà il cessionario/committente che, a fronte di una fattura trasmessa e ricevuta nel 2019, dovrebbe invece pretendere la forma elettronica, pena l’obbligo di attivare la procedura dell’autofattura denuncia.

fonte: ratio quotidiano

MANOVRA, LE MISURE SULL’OCCUPAZIONE, REDDITO DI CITTADINANZA E FLAT TAX

In primo piano

Molteplici sono le aree di intervento della legge di Bilancio ma particolare interesse suscitano quelle concernenti: lavoro e occupazione (comprensiva del Reddito di Cittadinanza) e la Flat Tax.

In materia di lavoro e occupazione, sono, in linea generale, 1) introdotti incentivi e sgravi contributivi per le nuove assunzioni, 2) istituiti il Fondo per il reddito di cittadinanza e le pensioni di cittadinanza, 3) introdotte misure in materia di formazione professionale e 4) varati interventi volti ad ampliare le dotazioni finanziarie per completare i piani di recupero occupazionale in favore dei lavoratori delle aree di crisi industriale complessa.

Tra i benefici fiscali e sgravi contributivi appare utile ricordare:

  1. La proroga, per le nuove assunzioni, dell’incentivo all’occupazione nel Mezzogiornoil quale si esplica, prevalentemente, in un esonero contributivo della quota di contribuzione posta a carico del datore di lavoro privato;
  2. L’introduzione di un incentivo (in sostanza un esonero contributivo), in favore dei datori di lavoro privati, per l’assunzione a tempo indeterminato, nel corso del 2019, di soggetti titolari di laurea magistrale o di dottorato che hanno conseguito il titolo con il massimo dei voti.

In ordine al Reddito di cittadinanza, viene istituito un fondo ad hoc, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, volto all’introduzione di tale misura, con una dotazione, incrementata in modo progressivo negli anni successivi, di 7,1 miliardi nel 2019. Tali risorse saranno, in parte, destinate al potenziamento dei centri per l’impiego (le Regioni saranno autorizzate ad assumere 4 mila unità) i quali rappresentano la condizione necessaria per rendere la misura in commento efficace.

Inoltre, viene istituito un fondo per la revisione del sistema pensionistico il quale introduce ulteriori forme di pensionamento anticipato ovvero misure volte ad incentivare l’assunzione di lavoratori più giovani (c.d. “turn over”).

In materia di formazione, viene incrementato lo stanziamento per il finanziamento dei percorsi formativi relativi all’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria e il certificato di specializzazione tecnica superiore (si fa riferimento a percorsi condivisi tra l’istituzione formativa e il datore di lavoro)di contro, viene diminuito lo stanziamento destinato alle assunzioni con il suddetto contratto di apprendistato (riduzione già prevista nell’anno precedente).

Per quello che concerne i c.d. ammortizzatori sociali, si é intervenuti su:

  • La possibilità, per le Regioni, di utilizzare risorse aggiuntive, rispetto a quelle stanziate precedentemente, per l’erogazione del trattamento di integrazione salariale in deroga previsto per i piani di recupero occupazionale;
  • La proroga, anche per il 2019, della CIGS dei dipendenti impiegati presso gli stabilimenti produttivi del gruppo ILVA nonché la concessione della mobilità in deroga, nel limite massimo di 12 mesi, per i lavoratori che hanno cessato la cassa integrazione guadagni in deroga nel periodo dal 1° dicembre 2017 al 31 dicembre 2018 e che non abbiano diritto alla fruizione della Naspi (indennità di disoccupazione).

Appare utile ricordare che i piani di recupero occupazionale, previsti dall’art. 44, co. 11-bis del decreto legislativo n. 148/2015, sono programmi redatti dalle imprese, e concertati con la Regione, finalizzati all’accesso ad un ulteriore intervento di integrazione salariale (oltre alla cassa integrazione ordinaria e straordinaria) attraverso l’individuazione di appositi percorsi formativi in grado di riqualificare i lavoratori attraverso il consolidamento della loro posizione in azienda ovvero la loro transizione verso una nuova collocazione professionale (la c.d. riconversione delle know how).

Importante conferma del congedo di paternità, prorogato per il 2019, per il padre lavoratore dipendente; questo istituto viene elevato a 5 giorni obbligatori ed uno facoltativo (con la contestuale decurtazione di un giorno dal congedo obbligatorio della madre.

Ulteriori misure prevedono:

  1. L’incremento del fondo di sostegno per le famiglie delle vittime “di gravi infortuni sul lavoro”;
  2. Incremento delle ammende penali e delle sanzioni amministrative pecuniarie per la violazione di norme in materia di lavoro (es. quelle relative al limite della durata dell’orario di lavoro).

Sul fronte della c.d. “FLAT TAX”, l’intervento più significativo ha riguardato l’ampliamento della platea dei beneficiari del regime forfettario il quale prevede una tassazione proporzionale al 15%; tale risultato é stato ottenuto attraverso la revisione dei requisiti d’accesso (es. innalzamento del limite dei ricavi ora fino a Euro 65000, eliminazione dei limiti concernenti il costo del lavoro ovvero il costo complessivo dei beni strumentali).

In ordine al “pacchetto fiscale”, ulteriori misure significative sono:

  1. L’introduzione di un ulteriore imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’IRAP, con aliquota al 20 per cento, per gli imprenditori individuali ed i lavoratori autonomi con ricavi fino a 100.000 euro;
  2. L’estensione del regime “cedolare secca” per le locazioni di locali commerciali;
  3. Il riporto illimitato delle perdite per tutti i soggetti IRPEF, a prescindere dal regime contabile adottato;
  4. L’aliquota IRES (imposta sui redditi delle società di capitali) agevolata al 15 per cento (in luogo del 24 per cento) a parte del reddito delle imprese che incrementano i livelli occupazionali ed effettuano nuovi investimenti;
  5. La proroga e rimodulazione del cd. Iper-ammortamento (maggiorazione, a livello fiscale, del costo di acquisizione dei beni materiali strumentali finalizzato alla contrazione del risultato d’esercizio imponibile);
  6. La proroga al 2019 delle detrazioni per interventi di efficienza energetica, ristrutturazione edilizia e per l’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici nonché della detrazione dal 36% per interventi di sistemazione a verde;
  7. La definizione agevolata dei debiti delle persone fisiche che versino in una grave e comprovata difficoltà economica, affidati all’agente della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2017, derivanti dall’omesso versamento di imposte risultanti dalle dichiarazioni annuali e dalle attività di accertamento a fini IRPEF e IVA.

fonte: Italia Oggi

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In ogni caso, per tutelarsi in qualsiasi possibile scenario ed evitare risultati inconsistenti, è sempre auspicabile che il documento sia scritto o revisionato da una figura esperta. Per facilitare la lettura e la consultazione rapida del documento, è consigliabile dividere il testo in paragrafi e inserire, in testa, un menu che contenga i titoli di ognuno di essi.

Quali informazioni deve contenere l’informativa sulla privacy

Un’informativa completa contiene informazioni su quali sono le finalità relative alla raccolta dei dati. Nel documento, inoltre, è necessario specificare quali sono le modalità di trattamento del dato e, in particolare, garantire che esse siano al riparo da furti o attacchi informatici.
L’autorizzazione a diffondere le informazioni con soggetti terzi anche per fini di attività pubblicitarie e di marketing, solitamente viene richiesta a parte, in un paragrafo in calce all’informativa sulla privacy, per offrire al sottoscrivente l’opportunità di negare il consenso al trattamento dei propri dati.
Nella parte finale dell’informativa, devono essere indicati i responsabili del trattamento dei dati e la conservazione dei dati. Anche il nuovo Regolamento UE impone che, a questa voce, corrispondano oltre a nome e cognome o ragione sociale dei titolari, anche tutte le informazioni utili a contattarli via telefono o email.

I vantaggi di avere una informativa sulla privacy professionale su un sito web

Obblighi a parte, la presenza di un’informativa sul trattamento dei dati personali esaustiva e ben redatta, ha una funzione positiva anche nel favorire un auspicabile rapporto di fiducia tra chi fornisce informazioni e chi le raccoglie. Questo aspetto è particolarmente importante quando la raccolta di dati avviene via Internet. Malgrado il costante aumento della sicurezza dei protocolli di comunicazione impiegati per lo scambio di dati personali, la gran parte degli utenti si dimostra ancora diffidente, quando si tratta di inserire informazioni personali in una web form che le registra. Ricevere la fiducia degli utenti è particolarmente importante soprattutto nell’online business, su siti e-commerce che mettono in vendita beni o servizi. In questi casi, un’informativa sulla privacy completa, ben scritta, diretta e di semplice consultazione, può fare la differenza in positivo sul tasso di conversione totale del sito, cioè sul numero di potenziali clienti che decidono di finalizzare un acquisto.
L’informativa della privacy per un sito web è una particolare versione di questo documento. Essa deve essere scritta per fornire informazioni talvolta anche tecniche dettagliate, su quali sono le modalità di raccolta dei dati attive sule pagine del sito. In particolar modo in un secondo testo separato, è necessario informare l’utente su quali sono i cookie analitici, tecnici, di profilazione o di terze parti, attivi sul sito con lo scopo di acquisire informazioni sul comportamento degli utenti.
Anche in questo caso, fornire con completezza tutte le informazioni, affidandosi a professionisti del settore per la redazione personalizzata di una informativa sulla privacy per sito web, significa tutelarsi e mettersi al riparo da qualsiasi brutta sorpresa, guadagnando anche in credibilità.

fonte: Garante per la Protezione dei Dati Personali

Bonus Famiglia 2018

La Legge di Bilancio 2018 ha definito l’insieme dei bonus famiglia richiedibili nell’anno appena iniziato. Si tratta sostanzialmente di una conferma di gran parte delle misure già introdotte negli ultimi anni.

Bonus bebé prorogato, ma solo per un anno.

Il Bonus bebè, l’agevolazione riservata ai neo genitori che hanno un nuovo figlio o che adottano, o prendono in affido, un minore, è stato prorogato ma solo per i nuovi nati o adottati nel 2018 e solo per un anno (non più per tre). Per quest’anno dunque le condizioni di ammissibilità e gli importi restano quelle degli anni precedenti.

Possono farne richiesta, tramite l’Inps, le cittadine italiane, le cittadine di uno Stato membro dell’Unione Europea e le cittadine Extracomunitarie munite di regolare permesso di soggiorno.

Per le famiglie che hanno un reddito ISEE entro i 25.000 euro annui, il contributo economico è pari a 80 euro al mese. Per chi ha un reddito ISEE pari o inferiore a 7.000 euro, l’importo bonus bebè è di 160 euro al mese.

Confermati i bonus mamme domani, baby sitter e asilo nido.

La Legge di Bilancio non ha previsto nuove misure di conciliazione ma ha riconfermato alcuni bonus introdotti con provvedimenti legislativi precedenti:

Bonus mamme domani 2018: contributo da 800 euro una tantum, a prescindere dal reddito della futura mamma. Il bonus è previsto per le donne che avranno un figlio (anche adottato o in affido) o che entrano al 7° mese di gravidanza nel 2018. Introdotto per la prima volta in Italia con la Legge di Bilancio 2017, è diventato operativo, e quindi richiedibile, dal 17 luglio scorso. È un “premio” che il Governo ha voluto introdurre al fine di aiutare la futura mamma nelle spese di esami e diagnostica e le spese per il bambino, subito dopo la nascita.

Voucher baby sitter 2018: contributo mensile per pagare la baby sitter nel caso in cui la neo mamma, dopo il periodo di maternità, rinunci al congedo parentale. L’importo del contributo è erogato per un periodo massimo di 6 mesi, che scendono a 3 se la mamma è iscritta alla gestione separata o autonoma non subordinata. Per ogni mese di rinuncia al congedo parentale spettano quindi 600 euro. La stessa agevolazione è riconosciuta anche alle mamme lavoratrici part time, ma in misura riproporzionata all’orario ridotto da contratto.
Buono asilo nido 2018: voucher fino a 1.000 euro all’anno per 3 anni, da utilizzare per pagare la retta dell’asilo nido, pubblico o privato, indipendentemente dal reddito ISEE della famiglia. L’importo massimo rimborsabile è di 1.000 euro su un totale di 11 mensilità, per un importo mensile di 90,91€. Il contributo viene erogato su base annua per massimo tre anni di iscrizione al nido. Possono presentare la domanda anche i genitori di bambini con meno di 3 anni che non possono frequentare gli asili perché affetti da gravi patologie croniche, in questo caso l’utilizzo delle risorse è previsto come sostegno alle cure domiciliari.
Assegno di maternità dello Stato.Tra i bonus destinati alla famiglia si segnala inoltre l’assegno maternità dello Stato, un’agevolazione rivolta alle mamme lavoratrici o precarie garantito per un massimo di 5 mesi. L’importo dell’assegno viene rivalutato annualmente dall’INPS: per il 2017 è stato pari a 338,89 euro mensili. Requisito fondamentale per avere diritto all’assegno è di essere residenti in Italia ed essere cittadini italiani, comunitari o extracomunitari con permesso di soggiorno CE.
Per fare richiesta è necessario essere:– Mamme lavoratrici con 3 mesi di contributi per maternità, nel periodo compreso tra i 18 ed i 9 mesi precedenti alla data del parto o all’ingresso in famiglia del minore adottato o affidato;
– Mamme licenziate o dimesse con 3 mesi di contribuzione maternità versata nel periodo compreso tra i 18 ed i 9 mesi precedenti la data del parto o di ingresso in famiglia;
– Mamme lavoratrice in disoccupazione NASPI, mobilità o in cassa integrazione, a condizione che tra l’ultimo giorno della prestazione economica fruita e la data del parto (o l’ingresso in famiglia del minore adottato o affidato) non siano trascorsi più di 9 mesi;
– Mamme in gestione separata con 3 mesi di contributi versati nei 12 mesi precedenti l’inizio del congedo obbligatorio ordinario, ossia, dall’ottavo mese di gravidanza o maternità anticipata in caso per esempio di gravidanza a rischio.

Assegno maternità del Comune.

L’Assegno di maternità Comune 2018 è un contributo che spetta in caso di gravidanza alle mamme disoccupate e casalinghe. Nel 2017 l’importo è stato pari a 338,89 euro al mese per 3 mesi.

La domanda va presentata al Comune di residenza entro 6 mesi dalla nascita del bimbo o dall’entrata in famiglia del minore qualora adottato o in affido.
L’assegno spetta a madri disoccupate o casalinghe che non possono far valere i 3 mesi di contribuzione INPS versati alla maternità negli ultimi 18 mesi. Inoltre, per avere diritto all’assegno maternità dei Comuni, la mamma deve avere un ISEE non superiore a 16.995,95 euro, non ricevere altre prestazioni previdenziali o altro assegno maternità INPS.

Oltre la Legge di Bilancio: il welfare aziendale per la famiglia.

Accanto alle misure confermate dalla Legge di Bilancio 2018 occorre segnalare come nei mesi scorsi siano state introdotte due iniziative, che entreranno a regime proprio nel corso di quest’anno, che mirano a rendere le imprese private sempre più protagoniste di azioni rivolte alle famiglie attraverso il welfare aziendale.

Lo scorso 14 settembre è stato firmato il decreto del Ministero del Lavoro e del MEF che riconosce sgravi contributivi alle imprese del settore privato che prevedono istituti di conciliazione tra vita professionale e privata nei contratti aziendali. Si tratta dell’attuazione in via sperimentale di una misura già prevista dal D. Lgs. 80/2015. Tra le iniziative previste l’area genitorialità prevede:

– estensione del congedo di paternità, con previsione della relativa indennità;
– estensione del congedo parentale, in termini temporali e/o integrazione della relativa indennità;
– previsione di nidi d’infanzia / Asili nido / Spazi ludico-ricreativi aziendali o interaziendali;
– percorsi formativi (e-learning / coaching) per favorire il rientro dal congedo di maternità;
– buoni per l’acquisto di servizi di baby sitting.

In secondo luogo, la riforma 0-6 della Buona Scuola, i cui decreti attuativi sono stati approvati nel 2017, ha previsto il bonus nido da 150 euro, un’agevolazione riservata alle famiglie dei lavoratori che iscrivono il proprio bambino all’asilo nido. Il “Buono nido” non è un istituto che appartiene al sistema di welfare statale, obbligatorio per tutti i cittadini che si trovino in determinate condizioni (come accade per i bonus descritti più sopra), ma è un bonus che rientra nel campo del welfare aziendale, e che verrà dunque introdotto, una volta approvati i decreti operativi, sulla base della contrattazione collettiva nazionale o integrativa aziendale.

In base a quanto attualmente previsto, le aziende pubbliche e private potranno erogare il buono alle lavoratrici e ai lavoratori che hanno figli in età compresa fra i tre mesi e i tre anni, che potranno spenderlo nel sistema dei nidi accreditati o a gestione comunale. Tale buono non prevede oneri fiscali o previdenziali a carico del datore di lavoro, pubblico o privato, né del lavoratore, purché il voucher sia entro la soglia limite dei 150 euro al mese.

Per conoscere tutti i dettagli occorrerà però attendere l’emanazione dei decreti operativi che dovranno stabilire: la soglia massima di partecipazione economica delle famiglie alle spese di funzionamento degli asili pubblici e di quelli privati che ricevono finanziamenti pubblici; la compatibilità o meno con il bonus nido da 1.000 euro; la possibilità che il bonus nido possa essere riconosciuto ad entrambi i genitori che così avrebbero il raddoppio del buono a 300 euro.

La delega 0-6 prevede, inoltre, anche la possibilità per gli enti locali di introdurre tariffe agevolate per asili nidi e scuole dell’infanzia sulla base dell’Indicatore ISEE fino ad arrivare, per le famiglie disagio economico-sociale, all’esenzione totale dalla retta.

Iperammortamento industry: la proroga per il 2018.

Super e iper ammortamento, Nuova Sabatini, Formazione 4.0 e Finanziamento dell’innovazione: i dettagli per il 2018.

La Legge di Bilancio 2018 (Legge 205/2017), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale numero 302 del 29 dicembre 2017, riorganizza la situazione incentivi. Vediamo di seguito come sarà quest’anno per l’industria, quali le agevolazioni esistenti e per che tipo di attività.

Gli investimenti in ottica 4.0 continuano ad essere agevolati, anche per quanto riguarda la formazione non solamente le dotazioni tecnologiche; rifinanziata la nuova Sabatini per acquisto di beni strumentali e investimenti digitali e revisionati gli ammortamenti.

Super e iper ammortamento.

Prorogati super e iper ammortamento fino al 31 dicembre 2018.

TEMPISTICHE DI ACCESSO.
Rientreranno nel super ammortamento gli investimenti fatti entro il 31 dicembre 2018. Sarà possibile far rientrare anche gli investimenti effettuati fino al 30 giugno 2019 se, entro fine 2018, verrà effettuato l’ordine e un pagamento pari almeno al 20% dell’importo.
L’accesso all’iper ammortamento è previsto invece per gli investimenti effettuati entro fine 2019, a condizione che entro il 31 dicembre 2018 sia stato effettuato l’ordine con pagamento pari almeno al 20%.

Il super ammortamento, che riguarda l’acquisto di macchinari nuovi esclusi veicoli e mezzi di trasporto, scende al 130% (dal 140%); l’iper ammortamento, che riguarda investimenti in tecnologie 4.0 (di cui all’allegato A della Legge di Bilancio 2017), resta al 250%.

I software elencati nell’allegato B della manovra 2017 sono agevolati al 140%, così come le ulteriori soluzioni previste dalla Legge di Bilancio 2018:

  • sistemi di gestione della supply chain degli e-commerce che vendono prodotti senza possederli materialmente nel proprio magazzino, facendosi da intermediari tra fornitore e utente (drop shipping);
  • software e servizi digitali per la fruizione immersiva, interattiva e partecipativa, ricostruzioni 3D, realtà aumentata;
  • software, piattaforme e applicazioni per la gestione e il coordinamento della logistica con elevate caratteristiche di integrazione delle attività di servizio (comunicazione intra-fabbrica, fabbrica-campo con integrazione telematica dei dispositivi on-field e dei dispositivi mobili, rilevazione telematica di prestazioni e guasti dei dispositivi on-field).

Resta la regola che l’acquisto di software è incentivato solo se l’impresa utilizza l’iper ammortamento per investimenti 4.0.

Nuova Sabatini.

Per la nuova Sabatini la Legge di Bilancio 2018 ha stanziato un rifinanziamento di 330 milioni di euro, per il periodo 2018-2023. La principale novità introdotta è che il provvedimento durerà fino ad esaurimento delle risorse disponibiliNon cambia il funzionamento: finanziamenti agevolati alle PMI per l’acquisto di macchinari nuovi, con una quota ministeriale che copre gli interessi al tasso del 2,75%.
Una quota pari al 30% delle risorse va a finanziare investimenti in tecnologie: Big Data, Cloud, banda ultralarga, cybersecurity, robotica avanzata e meccatronica, realtà aumentata, manifattura 4D, RFID e sistemi di tracciamento e pesatura dei rifiuti. In questo caso, il contributo statale è maggiorato del 30%, per cui viene calcolato su un tasso del 3,575%.

Formazione 4.0.

Agevolate anche le iniziative aziendali per la formazione 4.0 dei dipendenti, tali attività prevedono un credito d’imposta al 40% delle spese relative al solo costo aziendale del personale dipendente, per il periodo in cui è occupato in attività di formazione, fino a un importo massimo di 300mila euro ad azienda. L’attività di formazione deve essere collegato alla digitalizzazione 4.0.

Finanziamento per l’innovazione.

È stato istituito un Fondo per capitale immateriale, competitività e produttività del valore di 5 milioni di euro per il 2018 e di 250 milioni di euro annui a decorrere dal 2019, con l’obiettivo di finanziare progetti di innovazione.


COME FUNZIONA L’IPER AMMORTAMENTO?

L’iper ammortamento si traduce in un incremento del costo di acquisizione del bene che determina un aumento della quota annua di ammortamento (o del canone annuo di leasing) fiscalmente deducibile. Pertanto, la maggiorazione si concretizza in una deduzione che opera in via extracontabile e che va fruita:

– in base ai coefficienti stabiliti dal DM 31.12.1988 (ridotti alla metà per il primo esercizio) relativamente ai beni acquisiti in proprietà;
– in un periodo “non inferiore alla metà del periodo di ammortamento corrispondente al coefficiente stabilito” dal DM 31.12.1988 per i beni acquisiti in leasing.

Si ricorda che qualora in un periodo d’imposta si fruisca dell’agevolazione in misura inferiore al limite massimo consentito, il differenziale non dedotto non potrà essere recuperato nei periodi d’imposta successivi.

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CHI PUÒ BENEFICIARE DELL’IPER AMMORTAMENTO?

I beneficiari dell’iper ammortamento sono solo le imprese, pertanto come chiarito dalla stessa Agenzia delle Entrate, la maggiorazione del 150% non è applicabile agli esercenti arti professioni.

QUALI CARATTERISTICHE DEVONO AVERE I BENI PER USUFRUIRE DELL’IPER AMMORTAMENTO?

In generale, i Commi 29-32 della legge di bilancio 2018 stabiliscono una maggiorazione del “costo di acquisizione” del 150% di alcune tipologie di beni acquistate tra il 01.01.2018 ed il 31.12.2018. In particolare, i beni agevolabili sono raggruppabili in tre categorie:

1) beni strumentali il cui funzionamento è controllato da sistemi computerizzati o gestito tramite opportuni sensori e azionamenti;
2) sistemi per l’assicurazione della qualità e della sostenibilità;
3) dispositivi per l’interazione uomo macchina e per il miglioramento dell’ergonomia e della sicurezza del posto di lavoro in logica «4.0».

Inoltre, oltre a quello temporale, è previsto un ulteriore requisito da rispettare per poter fruire della maggiorazione del 150%: quello della “interconnessione” del bene al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura.

COME USUFRUIRE DELL’IPER AMMORTAMENTO?

Per la fruizione dell’iper ammortamento, l’impresa è tenuta a produrre una dichiarazione resa dal legale rappresentante ovvero, per i beni aventi ciascuno un costo di acquisizione superiore a 500.000 euro, una perizia tecnica giurata rilasciata da un ingegnere o da un perito industriale iscritti nei rispettivi albi professionali o un attestato di conformità rilasciato da un ente di certificazione accreditato, attestanti che il bene:

-possieda caratteristiche tecniche tali da includerlo negli elenchi annessi alla legge di bilancio 2018,
-è interconnesso al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura.

Si precisa che il possesso di tali requisiti deve essere attestato:

PER I BENI DAL COSTO UNITARIO DI ACQUISIZIONE SUPERIORE A 500.000 EURO
– da una perizia tecnica giurata rilasciata da un ingegnere o da un perito industriale che devono dichiarare la propria “terzietà” rispetto ai produttori e/o fornitori dei beni strumentali, servizi e beni immateriali oggetto della perizia, iscritti nei rispettivi albi professionali,
– da un attestato di conformità rilasciato da un ente di certificazione accreditato

PER I BENI DAL COSTO UNITARIO DI ACQUISIZIONE INFERIORE O UGUALE A  500.000 EURO
– da una dichiarazione resa dal legale rappresentante, che può essere sostituita dalla perizia tecnica giurata o dall’attestato di conformità di cui sopra.