Saldo Imu 2017, come si calcola.

Il 18 dicembre 2017 scade il termine per versare il saldo Imu 2017. Ecco un riepilogo sulle modalità di calcolo e versamento nei casi più comuni.

Per determinare il saldo in scadenza il prossimo 18 dicembre (il 16 quest’anno cade di sabato) è necessario:

  • verificare la delibera comunale che, al 28.10.2017, risulta pubblicata sul sito Internet del MEF;
  • calcolare il saldo dell’IMU dovuta per il 2017, a conguaglio con quanto versato in acconto.

Nel caso in cui le delibere non fossero pubblicate si utilizzeranno le aliquote/detrazioni dell’anno precedente.

Rimani sempre aggiornato con le novità, gli approfondimenti e la rassegna stampa seguendo il Dossier: IMU-TASI-TARI (IUC) 2017.

Saldo Imu 2017, calcolo della base imponibile.

Per calcolare l’Imu dovuta per il 2017 occorre innanzitutto determinare la base imponibile.

Per i fabbricati, la base imponibile si calcola applicando alla rendita catastale rivalutata del 5%, i seguenti moltiplicatori:

 

Categoria catastale                                                                                       Moltiplicatore
Gruppo A (escluso A/10)                                                                                       160
Categorie C/2, C/6 e C/7

Gruppo B                                                                                                               140
Categorie C/3, C/4 e C/5
Categorie A/10 e D/5                                                                                              80

Gruppo D (escluso D/5)                                                                                          65
Categoria C/1                                                                                                          55

La base imponibile è ridotta al 50% per:

  • gli immobili di interesse storico artistico;
  • i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, limitatamente al periodo dell’anno durante il quale sussistono dette condizioni.

Dal 2016 è stata introdotta la riduzione della base imponibile Imu del 50% per gli immobili concessi in comodato ai parenti in linea retta entro il primo grado. L’agevolazione si applica alle unità immobiliari, escluse quelle “di lusso” (A/1, A/8 e A/9), concesse in comodato a parenti in linea retta entro il primo grado (genitori-figli) che la utilizzano come abitazione principale a condizione che:

  • il contratto sia registrato;
  • il comodante:possieda un solo immobile in Italia, oltre all’abitazione principale non di lusso sita nel Comune in cui è ubicato l’immobile concesso in comodato;
  • risieda anagraficamente e dimori abitualmente nello stesso Comune in cui è situato l’immobile concesso in comodato.

Per fruire dell’agevolazione, inoltre, il comodante deve presentare la dichiarazione IMU che attesti il possesso dei requisiti richiesti.

La Legge di Stabilità 2016 ha previsto anche la riduzione del 25% dell’aliquota Imu deliberata dal Comune, nel caso di immobili locati a canone concordato, di cui alla L. 431/98.  Pertanto, se ad esempio l’aliquota ordinaria fosse del 10,6‰, e quella deliberata per i contratti a canone concordata fosse dell’8‰, l’aliquota da applicare sarebbe del 6‰.

Per i fabbricati di categoria D privi di rendita, posseduti da imprese e distintamente contabilizzati, si assume il valore che risulta dalle scritture contabili applicando per ciascun anno di formazione i coefficienti annualmente stabiliti con DM  -per il 2017 il Dm è quello del 14.04.2017.

Per gli immobili a destinazione speciale/produttiva (cat. D ed E), la rendita è data dalla stima diretta che valuta, oltre alle componenti edilizie, anche quelle impiantistiche connesse, per la specifica destinazione d’usto (imbullonati). Dal 2016 in questa stima vanno esclusi i macchinari, i congegni, le attrezzature e altri impianti funzionali allo specifico processo produttivo. A tal fine è richiesta la presentazione di atti di aggiornamento per la rideterminazione della rendita catastale. Solo per il 2016, se l’atto di aggiornamento è stato presentato entro il 15.06.2016, la nuova rendita ha effetto dal 1.1.2016, ed è quindi utilizzabile per l’IMU 2016. A regime rileva la rendita risultante all’1.1 dell’anno di imposizione.

Per i fabbricati in corso di costruzione, ricostruzione/ristrutturazione, l’imposta si calcola sul valore dell’area edificabile, fino alla data di ultimazione dei lavori o, se precedente, fino alla data in cui il fabbricato inizia ad essere utilizzato.

Per quanto riguarda il calcolo della base imponibile per i terreni agricoli, occorre rivalutare il reddito dominicale del 25% e poi moltiplicarlo per 135.

Per quelli posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola, è prevista ora l’esenzione, indipendentemente dalla loro ubicazione.

Per le aree fabbricabili, invece, si deve considerare il valore venale in comune commercio del terreno alla data dell’1 gennaio 2017.

Saldo Imu 2017, applicazione delle aliquote.
 

Una volta calcolata la base imponibile occorre moltiplicarla per l’aliquota di riferimento. Le aliquote IMU sono deliberate dal Comune rispettando i seguenti limiti:

  • 4‰, per gli immobili adibiti ad abitazione principale (quando tassabili);
  • 7,6‰ negli altri casi.
    In ogni caso, considerata l’ampio raggio d’azione riservato ai Comuni, è indispensabile verificare quanto deliberato dal Comune e pubblicato sul sito Internet del MEF.

Una volta calcolata l’Imu dovuta per il 2017, per determinare il saldo occorre scomputare quanto versato a titolo di acconto. Si ricorda, inoltre, che l’imposta va rapportata ai mesi e alla percentuale di possesso, computando per intero il mese nel quale il possesso si è protratto per almeno 15 giorni.

Saldo Imu 2017, abitazione principale e immobili ad essa assimilati.

L’Imu non si applica all’abitazione principale non di lusso e alle relative pertinenze, appartenenti alle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, nella misura massima di una pertinenza per ciascuna categoria (anche se iscritte in catasto unitamente all’unità principale). L’ulteriore pertinenza della stessa categoria catastale va quindi assoggettata ad IMU.

Le abitazioni principali di lusso (categorie catastali A/1, A/8 e A/9) e relative pertinenze sono assoggettate ad IMU, e godono della detrazione di € 200 che il Comune può aumentare fino all’azzeramento dell’imposta.

Vi sono dei casi in cui l’immobile è equiparato ad abitazione principale, e quindi:

se non di lusso, non deve pagare l’IMU;
se di lusso deve pagare con aliquota ridotta e con la detrazione di 200 Euro.
Alcuni casi di assimilazione ad abitazione principale sono previsti dalla legge, altri possono essere disposti dal comune (e quindi vanno verificati caso per caso):

Equiparazione ad abitazione principale prevista dal comune.
1 – unità immobiliare posseduta a titolo di proprietà o usufrutto da anziani o disabili residenti in istituti di ricovero o sanitari, purché non locata;

Equiparazione ad abitazione principale prevista dalla legge
1 – unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad abitazione principale e relative pertinenze dei soci assegnatari, incluse (dal 2016) quelle destinate a studenti universitari soci assegnatari, anche in deroga al richiesto requisito della residenza anagrafica.
2 – fabbricati di civile abitazione destinati ad alloggi sociali ex DM 22.4.2008
3 – casa coniugale assegnata all’ex coniuge a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio
4 – unico immobile, iscritto o iscrivibile in Catasto come unica unità immobiliare, non concesso in locazione, posseduto dal personale:

  • in servizio permanente appartenente alle Forze armate e alle Forze di polizia ad ordinamento militare;
  • dipendente delle Forze di polizia ad ordinamento civile;
  • del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco;
  • appartenente alla carriera prefettizia;
    per il quale non sono richieste le condizioni della dimora abituale e della residenza anagrafica;

5 – la sola unità immobiliare:

  • posseduta da cittadini italiani:
  • non residenti in Italia;
  • iscritti all’AIRE(Anagrafe degli italiani residenti all’estero);
  • già pensionati nei rispettivi paesi di residenza;
  • posseduta a titolo di proprietà o di usufrutto in Italia;
  • a condizione che non risulti locata o data in comodato d’uso.

L’equiparazione ad abitazione principale, che poteva essere disposta dal comune, nel caso di unità immobiliare concessa in comodato ad un parente in linea retta (figlio o genitore), è stata abrogata con la Legge di stabilità 2016. In sostituzione di essa, è stata disposta la riduzione della base imponibile Imu del 50%, di cui si tratterà nel paragrafo successivo.

Sono inoltre esenti dall’IMU:

  • gli immobili posseduti dallo Stato, dalle Regioni, dalle Province, dai Comuni, dalle comunità montane, dai consorzi fra detti enti e dagli enti del servizio sanitario nazionale, destinati esclusivamente ai compiti istituzionali;
  • fabbricati classificati o classificabili nel gruppo catastale E (stazioni, ponti, fari ecc….);
  • fabbricati destinati ad usi culturali ex art. 5-bis D.p.r. 601/73 (come musei, biblioteche, archivi …);
  • fabbricati destinati esclusivamente all’esercizio del culto;
    fabbricati di proprietà della Santa Sede;
  • fabbricati rurali strumentali (art. 9 comma 3-bis D.l. 557/93), necessari allo svolgimento delle attività di coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse;
  • immobili merce, ossia quelli destinati dall’impresa costruttrice alla vendita. L’esenzione opera fino a che permane tale destinazione e finché tali immobili non sono locati;
  • immobili di enti non commerciali, solo se destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali delle attività: assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, dirette all’esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, alla catechesi e all’educazione cristiana (ex art. 16 comma 1 lett. a della L. 222/85). Per gli immobili che sono ad utilizzazione mista, l’esenzione si applica solo alla frazione di unità destinata all’attività non commerciale. La parte dell’immobile adibita ad attività commerciale va accatastata autonomamente o, laddove non sia possibile, va individuata la frazione di unità destinata all’attività non commerciale. Per usufruire dell’esenzione l’ente deve presentare apposita dichiarazione Imu/Tasi ENC entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello in cui il possesso degli immobili ha avuto inizio o sono intervenute variazioni rilevanti ai fini del calcolo dell’imposta. Se non sono intervenute variazioni, la dichiarazione già presentata ha effetto anche per gli anni successivi;
  • fabbricati colpiti dagli eventi sismici:
  • del 2009 dell’Abruzzo (l’esenzione opera per i fabbricati distrutti o dichiarati inagibili, fino alla ricostruzione e agibilità); 
  • del 2012 dell’Emilia (l’esenzione opera fino alla definitiva ricostruzione/agibilità e comunque non oltre il 31.12.2017;
  • del 24.08.2016 nell’Abruzzo Lazio Marche e Umbria (l’esenzione opera per i fabbricati distrutti o dichiarati inagibili, fino alla ricostruzione e agibilità e comunque non oltre il 31.12.2020);
  • immobili siti nelle Zone Franche Urbane, posseduti ed utilizzati per l’esercizio delle nuove attività economiche, da parte delle piccole e micro imprese. I requisiti per fruire dell’agevolazione sono fissati con specifiche disposizioni emanate per le diverse zone interessate.

 Saldo Imu 2017, terreni agricoli.
 

Per quanto riguarda i terreni agricoli, sono esenti quelli posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola, indipendentemente dalla loro ubicazione. Godono dell’agevolazione anche i familiari coadiuvanti del coltivatore diretto, che risultano:

  • proprietari o comproprietari dei terreni agricoli coltivati dall’impresa agricola diretto coltivatrice, di cui è titolare un altro componente del nucleo familiare;
  • iscritti come coltivatori diretti nel nucleo familiare del capo-azienda, negli appositi elenchi previdenziali, come previsto dall’art. 11 della L. 9/1963.

Nel caso in cui il coadiuvante possieda anche altri terreni concessi in affitto o comodato ad altri soggetti, per tali terreni non si applica l’esenzione.

Godono dell’agevolazione, altresì, le società agricole in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale (IAP), il coltivatore diretto e Iap, persone fisiche, iscritti nella previdenza agricola, che abbiano costituito una società di persone alla quale hanno concesso in affitto o in comodato il terreno di cui mantengono il possesso, ma che, in qualità di soci, continuano a coltivare direttamente.  

Sono esenti Imu i terreni agricoli ricadenti in aree di montagna o di collina, definiti sulla base dei criteri stabiliti con C.M. 9/1993:

  • quelli in cui, accanto al comune, non è riportata alcuna annotazione, sono esenti completamente;
  • quelli in cui, accanto al comune, è riportata l’annotazione “parzialmente delimitato”, con la sigla “PD”, l’esenzione opera limitatamente ad una parte del territorio comunale.

Sono poi esenti Imu anche i terreni:

  • a immutabile destinazione agro-silvo-pastorale, a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile, indipendentemente da ubicazione e possesso;
  • ubicati nelle isole minori (art. 1 comma 1 lett. a-bis del D.l. 4/2015).

I terreni incolti e gli orti devono essere anch’essi considerati “terreni agricoli”, e seguono le regole di tutti gli altri terreni. Saranno pertanto esenti laddove ricadano in un Comune montano ai sensi della circolare 9/1993, altrimenti richiedono il versamento Imu.

Saldo Imu 2017, versamento.

 Il versamento può essere effettuato con mod. F24 o con bollettino di conto corrente postale.

Il versamento va effettuato arrotondando all’unità di euro, e il versamento minimo previsto è di 12 Euro, salvo che il Comune non abbia previsto soglie diverse.

Se il versamento avviene con il mod. F24, bisogna utilizzare i seguenti codici tributo:

CODICE TRIBUTO                                                                             TIPO DI IMMOBILE

3912                          Abitazione principale e relative pertinenze (categorie A/1, A/8, A/9)

3914                                                                                                            Terreni
3916                                                                                                      Aree fabbricabili
3918                                                                                                        Altri fabbricati
3925                                              Immobili ad uso produttivo cat. D (destinata allo stato)
3930                                               Immobili ad uso produttivo cat.(eventuale incremento di aliquota  da parte del Comune).

In alternativa è possibile effettuare il versamento con bollettino di c/c/p, indicante il numero di c/c “1008857615”, valido per tutti i Comuni. Il bollettino può essere presentato sia in forma cartacea che utilizzando il canale telematico di Poste spa. Si ricorda, inoltre, che nel bollettino di c/c/p è possibile indicare un solo codice Comune, quindi, in presenza di più immobili:

in Comuni diversi, è necessario utilizzare tanti bollettini quanti sono i Comuni ai quali va versata l’IMU;
nello stesso Comune, è possibile versare l’IMU con un unico bollettino di c/c/p.

IMU-TASI-TARI (IUC) 2017

Acconto e saldo IMU TASI: coefficienti, moltiplicatori, e calcolo delle imposte.

Scade lunedì 18 dicembre il termine per il versamento del saldo IMU e TASI 2017.

IMU e TASI sono bloccate per il secondo anno consecutivo, la legge di bilancio 2017 (L. 232/2016) ha confermato le disposizioni in vigore lo scorso anno per cui i comuni non posso aumentare le aliquote rispetto a quelle deliberate nel 2015. Stop anche alle maggiorazioni: l’aumento di 0,8 punti per la sola aliquota della TASI, infatti, è applicabile nel 2017 solo se deliberato e applicato, per il 2016. 

Si ricorda che la IUC (imposta unica comunale) si basa su due presupposti impositivi, uno costituito dal possesso degli immobili e l’altro collegato all’erogazione/fruizione di servizi comunali. La IUC si compone :

  • dell’imposta municipale propria (IMU), di natura patrimoniale, dovuta dal possessore di immobili, escluse le abitazioni principali,
  • dal tributo per i servizi indivisibili (TASI) a carico sia del possessore che dell’utilizzatore dell’immobile,
  • tassa sui rifiuti (TARI) destinata a finanziare i costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti.

In particolare l’IMU è l’imposta municipale propria ed è pagata dai possessori di immobili e terreni ubicati nel territorio dello stato. Per i contribuenti privati, la base imponibile si calcola seguendo questi 3 punti:

  • Rendita catastale al 1° gennaio dell’anno di imposta
  • Rivalutazione della rendita al 5%
  • Moltiplicazione del valore così ottenuto per uno dei coefficienti previsti dalla normativa.

In merito alla TASI, il suo presupposto impositivo è il possesso o la detenzione a qualsiasi titolo di fabbricati, di aree scoperte edificabili e non, a qualunque uso adibiti. Dal 2016 la TASI non è più dovuta sugli immobili adibiti ad abitazioni principali, ad eccezioni di quelle cd. di lusso con categoria catastale A/1, A/8, A/9.

Imu e Tasi sono pagate dal contribuente:

  • il 16 giugno di ogni anno (acconto o intera imposta)
  • il 16 dicembre a saldo di quanto versato.

Acconti d’imposta per il 2017: 30 novembre.

Appuntamento imminente con il secondo anticipo dell’anno che, a differenza del primo, dovrà essere versato per intero, senza possibilità di suddividere il dovuto in rate.
La stagione degli acconti è agli sgoccioli: giovedì 30 novembre, infatti, scade il termine per il versamento della seconda o unica rata degli acconti Irpef, Ires, Irap e di diverse altre imposte.
Sono chiamate all’adempimento tutte le categorie di contribuenti (persone fisiche, società di persone ed equiparate e soggetti Ires), anche se con alcune differenze relative sia alla misura dell’acconto sia alle modalità di versamento. In merito a queste ultime, tenuto conto del “denominatore” comune, costituito dall’utilizzo dell’F24, l’unica diversità riguarda le procedure di presentazione del modello, obbligatoriamente telematiche solo per i titolari di partita Iva, e l’utilizzo di diversi codici tributo.
Più articolato, invece, si presenta il calcolo dell’importo da pagare, che dipende sia dalla tipologia d’imposta sia da quella di contribuente. In ogni caso, una volta determinato l’acconto autunnale, questo dovrà essere versato per intero, senza la possibilità di rateizzare la somma, concessa in occasione del pagamento della prima tranche.
 
Metodo storico e metodo previsionale
In linea generale sono due i criteri attraverso i quali procedere al calcolo dell’acconto:

  • metodo storico – il calcolo viene effettuato sulla base dell’imposta dovuta per l’anno precedente (2016), al netto di detrazioni, crediti d’imposta e ritenute d’acconto risultanti dalla relativa dichiarazione dei redditi
  • metodo previsionale –  il calcolo viene effettuato sulla base dell’imposta presumibilmente dovuta per l’anno in corso (2017), considerando, quindi, i redditi che il contribuente ipotizza di realizzare nonché gli oneri deducibili/detraibili che dovrebbero essere sostenuti e i crediti d’imposta spettanti. 

Acconto Irpef
In generale, la misura dell’acconto deve essere determinata in base a quanto dichiarato in Redditi Pf 2017. In pratica, il contribuente deve riprendere la sua dichiarazione e leggere il risultato evidenziato nel rigo RN34 (differenza): su questo importo deve essere applicata una determinata percentuale normativamente prestabilita che, per il 2017, è fissata al 100%.
Tuttavia, in alcuni casi l’acconto non è dovuto: ad esempio, se l’importo indicato nel rigo RN34 non supera 52 euro oppure nell’anno precedente non sono stati conseguiti redditi e, quindi, non è stata presentata la dichiarazione.
 
Se l’importo risultante dal rigo RN34 è pari o superiore a 52 euro, ma non superiore a 258 euro, l’acconto deve essere versato in un’unica soluzione entro il prossimo 30 novembre.
Qualora, invece, l’importo risultante dal rigo RN34 è superiore a 258 euro, l’acconto deve essere versato in due rate:

  • la prima, stabilita nella misura del 40%, andava pagata entro il 30 giugno scorso, in corrispondenza del saldo 2016, ovvero nel termine del 31 luglio con la maggiorazione dello 0,40%
  • la seconda, il restante 60%, entro il prossimo 30 novembre. 

Quanto detto si addice ai contribuenti che hanno una situazione reddituale “stabile”. Al contrario, coloro che, per l’anno in corso, presumono di avere un risultato economico inferiore possono ricorrere al metodo previsionale. Questa scelta può essere vantaggiosa, ma sicuramente più incerta e rischiosa. Infatti, da un lato, comporta la riduzione (o il non pagamento dell’acconto), dall’altro espone al rischio di errore, con il conseguente versamento di un acconto in misura inferiore rispetto a quanto realmente dovuto e la successiva applicazione di sanzioni e interessi sulla differenza non versata.
 
Al di là del metodo scelto per la sua determinazione, per il versamento, entro il 30 novembre, della seconda o unica rata dell’acconto Irpef 2017 deve essere utilizzato il modello di pagamento F24, nel quale va indicato il codice tributo 4034 (Irpef – acconto seconda rata o acconto in unica soluzione).
 
Acconto Ires
Giovedì 30 novembre, all’appello dell’acconto 2017 sono chiamati anche i soggetti Ires con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare. Anche per questi soggetti l’acconto è fissato nella misura del 100%.
Se viene utilizzato il metodo storico, per il calcolo dell’acconto dovuto bisogna fare riferimento al rigo RN17 del modello Redditi Sc 2017 o al rigo RN28 del modello Redditi Enc 2017 (“Ires dovuta o differenza a favore del contribuente”). L’acconto non è dovuto se gli importi indicati in tali righi  non supera i 21 euro.
I versamenti di acconto Ires sono effettuati in due rate salvo che il versamento della prima rata non superi 103 euro. Il 40% dell’acconto dovuto è versato alla scadenza della prima rata e il residuo importo (60%) alla scadenza della seconda, cioè entro il prossimo 30 novembre.
Per la determinazione dell’acconto Ires, non si può tener conto, nella misura del 70%, delle ritenute sugli interessi, premi e altri frutti dei titoli, scomputate per il periodo d’imposta precedente.
In alternativa al metodo storico, è possibile ricorrere al metodo previsionale: in tal caso, il soggetto Ires, che ritiene di realizzare un minor reddito nel 2017, può parametrare l’acconto all’imposta che presume di dover versare per l’anno successivo. Anche in questo caso il contribuente si espone al rischio di errore con la possibilità di dover successivamente pagare sanzioni e interessi sull’importo non versato.
I soggetti Ires, in sede di compilazione del modello F24, devono indicare il codice tributo 2002 (Ires acconto – seconda rata o acconto in unica soluzione).
 
Acconto Irap
Il versamento in acconto dell’Irap deve essere effettuato secondo le stesse regole stabilite per le imposte sui redditi.
Il codice tributo da utilizzare per il pagamento, entro il prossimo 30 novembre, della seconda rata (o, nei casi previsti, dell’acconto in unica soluzione) e da indicare sul modello F24 è il 3813.

Acconto cedolare secca
RB12 è il rigo del modello Redditi Pf riservato all’acconto della cedolare secca, l’imposta sui canoni derivanti dalla locazione di immobili a uso abitativo che sostituisce l’Irpef e le relative addizionali, nonché l’imposta di registro e di bollo sui contratti di locazione.
Per stabilire se è dovuto o meno l’acconto relativo alla cedolare secca per il 2017 bisogna controllare l’importo indicato nel rigo RB11, colonna 3, (“Totale imposta cedolare secca”). Se questo importo non supera 52 euro, l’acconto non è dovuto; se, invece, è superiore, è dovuto l’acconto nella misura del 95% del suo ammontare.
Per quanto riguarda modalità e termini di versamento si applicano le regole previste per l’Irpef.
Per il pagamento con F24 della seconda rata si utilizza il codice tributo 1841.
 
Gli altri contribuenti e tributi interessati
All’appuntamento di giovedì 30 novembre sono chiamati anche coloro che si avvalgono del regime agevolato per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità (articolo 27, comma 1, Dl 98/2011) e i contribuenti “di piccole dimensioni” che aderiscono al regime forfetario agevolato (articolo 1, commi 54-89, legge 190/2014).
Tali contribuenti, nell’F24 indicano i seguenti codici tributo:

  • 1794 – imposta sostitutiva sul regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità – acconto seconda rata o in unica soluzione
  • 1791 – imposta sostitutiva sul regime forfetario – acconto seconda rata o in unica soluzione.

La scadenza del 30 novembre interessa anche altri tributi, come l’Ivie e l’Ivafe, rispettivamente “imposta sul valore degli immobili situati all’estero” e “imposta sulle attività finanziarie detenute all’estero”. E, poi, naturalmente, le addizionali e le maggiorazioni all’Irpef e/o all’Ires.
Questi i codici tributo per il pagamento della seconda rata o dell’acconto in unica soluzione:

  • 4045 – imposta sul valore degli immobili situati all’estero, a qualsiasi uso destinato dalle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato
  • 4048 – imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero dalle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato
  • 4004 – addizionale Irpef
  • 2005 – addizionale Ires
  • 2014 – addizionale Ires 4% settore petrolifero e gas
  • 2019 – maggiorazione Ires (per le società di comodo). 

Le ipotesi di ricalcolo dell’acconto
In alcuni casi è necessario effettuare il ricalcolo dell’acconto dovuto per il 2017, attraverso la rideterminazione dell’imposta dovuta con riferimento ai redditi 2016. Quest’ultima deve essere utilizzata come nuovo parametro di riferimento per la determinazione dell’acconto 2017.
Ad esempio, devono procedere al ricalcolo dell’acconto:

  • gli esercenti di impianti di distribuzione di carburante (l’acconto dovuto deve essere calcolato senza tener conto degli effetti della deduzione forfettaria prevista per la determinazione del reddito di tali contribuenti)
  • gli esercenti attività di noleggio occasionale di imbarcazioni e navi da diporto (per il calcolo dell’acconto non deve essere considerata l’eventuale applicazione dell’imposta sostitutiva del 20%)
  • gli enti creditizi e finanziari che, nel 2016, hanno dedotto svalutazioni e perdite su crediti. Per questi componenti reddituali, infatti, il Dl 83/2015 ha sancito l’integrale deducibilità nell’esercizio di imputazione a conto economico, con la previsione di uno specifico regime transitorio. In merito alla determinazione degli acconti dovuti, tali soggetti non devono tener conto delle nuove regole
  • i contribuenti Ires che nel 2016 hanno beneficiato dell’Ace, i quali devono ricalcolare l’acconto relativo al 2017 sulla base del nuovo coefficiente applicabile per il 2017, cioè 1,6%.

fonte: Il Sole 24 Ore

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Sport: ecco tutti i bonus e le agevolazioni

Vediamo quali sono le agevolazioni ed i bonus che il disegno di legge di bilancio 2018 destina al mondo dello sport

Sono noti gli innumerevoli benefici che ha l’attività sportiva sulla nostra mente e su nostro corpo. Praticare sport in modo regolare rappresenta un importantissimo strumento non solo per migliorare l’aspetto esteriore, ma anche e soprattutto per combattere molte gravi patologie, quali l’obesità, il diabete, l’infarto, l’ipertensione, l’ictus ecc. Lo sport svolge, poi, un ruolo di primaria importanza nella gestione dello stress: l’attività sportiva contribuisce a dare significativi benefici alla salute e al benessere fisico e psichico in generale (riguardo all’importanza della figura del personal trainer e alle qualifiche che devono essere posseduti dagli istruttore delle palestre, leggi: Palestre: le qualifiche per diventare istruttori). Probabilmente la constatazione del preoccupante livello di sedentarietà registrato recentemente in Italia (nel 2016 la percentuale di coloro che non hanno praticato alcuno sport né hanno fatto attività fisica è stata stimata intorno al 39,2%) unito alla presa di coscienza della sempre maggiore diffusione delle malattie sopra ricordate, ha spinto il Governo ad introdurre nel disegno di legge  di bilancio 2018 numerose agevolazioni relative al  mondo dello sport, non solo agonistico ma anche dilettantistico. Scopriamo di seguito quali sono le agevolazioni che il Governo intende concedere al mondo dello sport, con particolare riferimento allo sport dilettantistico.

Società sportive dilettantistiche con scopo di lucro

Nel disegno di legge (d.d.l.) di bilancio 2018 si prevede la creazione delle società sportive dilettantistiche con scopo di lucro. Questa rappresenta una importante novità rispetto al sistema attualmente vigente, nel quale l’esercizio in forma associata di attività sportive dilettantistiche svolta nella forma giuridica societaria comporta le seguenti peculiarità: il fine sociale non deve essere lucrativo e i proventi che derivano dalla società non possono essere divisi dai soci nemmeno in modo indiretto [1]. Queste nuove forme societarie a scopo di lucro, qualora dovessero essere riconosciute dal Coni(Comitato Olimpico Nazionale Italiano), possono usufruire del vantaggio del dimezzamento dell’imposta sul reddito, nel rispetto di quanto previsto a livello europeo [2] per i cosiddetti “aiuti de minimis (aiuti di Stato di modesta entità, i quali non dovrebbero provocare notevoli distorsioni della concorrenza).

Lo “sport bonus”: cos’è e a chi viene riconosciuto

Dal 2018 sarà molto più conveniente investire in palestre. Viene riconosciuto, infatti, il cosiddetto “sport bonus“, vale a dire un credito d’imposta (cioè un credito del contribuente nei confronti dell’erario dello Stato) a tutte le imprese che effettuino erogazioni liberali fino a 40mila euro nell’anno 2018 per interventi di restauro oristrutturazione di impianti sportivi pubblici, anche qualora questi siano stati dati in concessione a soggetti privati. Tale credito di imposta, nei limiti del 3 per mille dei ricavi annui, verrà riconosciuto nella misura del 50% dell’importo erogato e comunque nel limite complessivo di spesa pari a 10milioni di euro. Il soggetto al quale sarà riconosciuto lo sport bonus dovrà comunicare immediatamente all’Ufficio per lo Sport presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri l’ammontare delle somme ricevute e la loro destinazione; dovrà, altresì, provvedere a darne adeguata pubblicità attraverso l’utilizzo di mezzi informatici. Inoltre, entro il 30 giugno di ogni anno successivo a quello  dell’erogazione e fino al momento in cui i lavori di ristrutturazione saranno ultimati,  il soggetto beneficiario del bonus in questione dovrà comunicare all’Ufficio per lo Sport presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri lo stato di avanzamento dei lavori, anche mediante una rendicontazione delle modalità di utilizzo delle somme erogate.

Fondo «Sport e periferie»: in arrivo uno stanziamento di 10milioni di euro

A decorrere dal 2018, inoltre, è previsto uno stanziamento di 10milioni di euro per il fondo «Sport e periferie». Tali risorse verranno assegnate all’Ufficio per lo Sport presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. È compito del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze,  adottare (entro 120 giorni dell’entrata in vigore della legge di bilancio) un decreto che individui i criteri e le modalità di gestione delle risorse assegnate all’Ufficio dello Sport, nel rispetto delle seguenti finalità, individuate dalla legge [3]:

  • ricognizione degli impianti sportivi esistenti sul territorio nazionale;
  • realizzazione e  rigenerazione  di  impianti  sportivi destinate all’attività agonistica  nazionale,  localizzati  nelle aree svantaggiate del Paese e nelle periferie urbanenonché diffusione  di attrezzature sportive nelle stesse aree, con l’obiettivo di  rimuovere gli squilibri economici e sociali ivi esistenti;
  • completamento e adeguamento di impianti  sportivi  esistenti, con destinazione all’attività agonistica nazionale e internazionale.

Innalzamento della soglia di indennità, rimborsi forfettari, premi e compensi  che non concorrono a formare il reddito

Altra rilevante disposizione riguarda la soglia delle indennità, dei rimborsi forfettari, dei premi e dei compensi connessi all’attività sportiva dilettantistica che non concorrono a formare il reddito: è previsto un innalzamento da 7.500 euro a 10mila euro annuali.

Il “Fondo unico a sostegno del potenziamento del movimento sportivo italiano”

Viene, inoltre, istituito il “Fondo unico a sostegno del potenziamento del movimento sportivo italiano”, con dotazione di 12milioni per il 2018, di 7milioni di euro per il 2019, di 8,2milioni di euro per il 2020 e di 10,5milioni di euro per il 2021. Queste risorse devono finanziare progetti connessi ad una delle finalità di seguito indicate:

  • incentivare l’avviamento all’esercizio della pratica sportiva delle persone disabilimediante l’uso di ausili per lo sport;
  • sostenere la realizzazione di eventi calcistici di rilevanza internazionale;
  • sostenere la realizzazione di altri eventi sportivi di rilevanza internazionale;
  • sostenere la maternità delle atlete non professioniste;
  • garantire il diritto all’esercizio della pratica sportiva quale insopprimibile forma di svolgimento della personalità del minore, anche attraverso la realizzazione di campagne di sensibilizzazione.

note

[1] Art. 90, comma 18, L. 289/2002 come modificato dall’art. 4, comma 6ter della legge 128/2004.

[2] Regolamento UE 1407/2013 della Commissione del 18 dicembre 2013.

[3] Art. 15, comma 2, lettere a), b) e c), del D.L. 185/2015 convertito, con modificazioni, dalla L. 9/2016.

fonte: Il Sole 24 Ore

BONUS VERDE

 il bonus verde per giardini e terrazzi

In arrivo il bonus verde per giardini e terrazziManovra 2018: ecco come funziona il bonus verde per balconi, giardini e terrazzi anche in condominio.

Buone notizie per chi desideri creare o voglia sistemare un angolo di verde sul proprio terrazzo o nel proprio giardino. È in arrivo, infatti, i cosiddetto bonus verde. La nuova agevolazione spetterà per la sistemazione “a verde” di balconiterrazzilastrici solari, sia privati checondominiali. Vediamo, dunque, come funziona il bonus verde, quali le agevolazioni e le detrazioni previste per gli amanti di piante e giardinaggio.

Bonus verde: cos’è

È in arrivo il bonus per il cosiddetto verde urbano. In sostanza, il bonus consisterà in uno sconto fiscale del 36% per interventi su giardini, terrazzi, balconi. Lo sconto riguarderà chi desideri creare o “sistemare” un angolo verde sul proprio terrazzo o sul proprio giardino, acquistando nuove piante. La detrazione si applicherà anche per quanto concerne le relative spese di progettazione  e manutenzione del verde impiantato. Potranno usufruire del bonus anche coloro i quali vogliono installare impianti di irrigazione o procedere alla realizzazione di pozzi.

Bonus verde: quanto si “risparmia”?

A partire dall’anno prossimo, si potrà detrarre il 36% delle spese documentate relative al cosiddetto verde urbano e ciò fino ad un massimo di 5mila euro per ogni unità immobiliare. Gli sconti fiscali saranno ripartiti in 10 quote annuali. Secondo le prime stime, la manovra ha un potenziale bacino di 1,2 miliardi.

Bonus verde: per cosa usarlo?

Il bonus verde sarà utilizzabile per la sistemazione “a verde” di aree scoperte private di edifici esistenti, di unità immobiliari, di pertinenze o recinzioni. La misura, quindi, interesserà terrazzi, balconi ed anche i giardini condominiali. Il bonus varrà anche per i giardini pensili e coperture, per la messa a dimora di piante ed arbusti. Gli interventi potranno esse eseguiti in villevillini, palazzi di pregio ed anche in normalissimi condomini.

fonte: Il Sole 24 Ore

BONUS MOBILI e ARREDI 2018

Manovra 2018: ecco come funziona il bonus per l’acquisto di arredi e di grandi elettrodomestici.

Nella legge di Bilancio 2018 sono previste numerose agevolazioni per il cittadino. 

Bonus mobili 2018: cos’è?

Il bonus mobili (anche detto bonus arredi) è un’agevolazione consistente nella possibilità di detrarre dall’Irpef (Imposta sul reddito delle persone fisiche) i costi sostenuti per l’acquisto di arredi e grandi elettrodomestici, destinati ad allestire un’abitazione oggetto di ristrutturazione.

Bonus mobili 2018: quanto si detrae dall’Irpef?

La detrazione Irpef di cui si può usufruire ammonta al 50% e il limite massimo di spesaammessa in detrazione è di 10mila euro, che viene ripartito in 10 rate annuali di pari importo. Si pensi a colui che spende una somma di 10mila euro in arredi e grandi elettrodomestici: questi potrà ottenere una detrazione Irpef di 5mila euro, ripartita in 10 rate annuali da 500 euro; lo sconto sulle tasse di cui potrà usufruire il soggetto in questione avrà, pertanto, una durata di 10 anni.

Bonus mobili 2018: chi può usufruirne?

Possono usufruire del bonus mobili 2018 coloro che abbiano iniziato a ristrutturare casa il 1° gennaio 2017 o che vi si dedicheranno nel 2018. Che succede, invece, se i lavori sono stati effettuati nel 2016? Colui che ha ristrutturato casa durante lo scorso anno dovrà affrettarsi a comprare gli arredi e i grandi elettrodomestici entro fine 2017, in quanto non potrà più godere della detrazione Irpef per gli acquisti che effettuerà nel 2018. Per ottenere il bonus è, dunque, necessario che la data dell’inizio dei lavori di ristrutturazione sia precedente a quella in cui si acquistano i beni, mentre non rileva il fatto che le spese di ristrutturazione siano state effettivamente  sostenute prima di quelle per l’allestimento della casa.

Bonus mobili 2018: quali sono i mobili inclusi?

Si può usufruire del bonus in questione, per l’acquisto dei seguenti mobili:

  • Arredi nuovi, come le librerie, le scrivanie, i letti, gli armadi, le cassettiere, i comodini, i divani, poltrone, i tavoli, le sedie, le credenze, i materassi, gli apparecchi di illuminazione ecc. Attenzione: non è oggetto del bonus mobili 2018 l’acquisto di porte e pavimentazioni (come il parquet), tende e tendaggi e altri componenti di arredo.
  • Elettrodomestici nuovi, come i frigoriferi, i congelatori, la lavastoviglie, gli apparecchi di cottura, le lavatrici, le asciugatrici, le stufe elettriche, i forni a microonde, le piastre riscaldanti elettriche, i radiatori elettrici, gli apparecchi elettrici di riscaldamento, gli apparecchi per il condizionamento, i ventilatori elettrici ecc. La classe energetica di tali elettrodomestici non deve essere inferiore alla A+ (A per i forni). Ci si chiede: come è possibile sapere a quale classe energetica appartiene l’elettrodomestico? Ottenere tale informazione è abbastanza semplice: è necessario leggete l’etichetta energetica. E se l’elettrodomestico è privo di etichetta? In questo caso, l’acquisto sarò agevolato, purché per essi non ne sia stato ancora previsto l’obbligo di presentare l’apposita etichetta.

Si precisa che è possibile includere tra le spese da portare in detrazione anche quelle relative al trasporto e al montaggio dei beni.

Bonus mobili 2018: come va effettuato il pagamento dei beni?

Al fine di ottenere il bonus mobili è necessario aver effettuato o effettuare i pagamenti con bonifico o carta credito o di debito (bancomat). In caso di utilizzo della carta di credito o di debito, la data di pagamento coincide con il giorno di utilizzo della carta da parte del suo titolare, che è indicata nella ricevuta di transazione (non rileva, pertanto, il giorno di addebito sul conto corrente). Attenzione: non è possibile pagare tramite assegno bancario, contanti o altri mezzi di pagamento. Quanto appena detto vale anche per il pagamento delle spese di trasporto e di montaggio dei beni.

Bonus mobili 2018: quali sono i documenti necessari?

Colui che vuole ottenere la detrazione Irpef prevista dal bonus dovrà premurarsi di conservare i seguenti documenti:

  • ricevuta del bonifico, dal quale emerga la causale del versamento, la data nonché il numero della fattura, i dati del richiedente la detrazione (il quale può anche essere diverso dall’ordinante), il codice fiscale del beneficiario;
  • ricevuta di avvenuta transazione (per i pagamenti con carta di credito o di debito);
  • documentazione di addebito sul conto corrente;
  • fatture di acquisto dei beni, riportanti la natura, la qualità e la quantità dei beni e dei servizi acquisiti,
  • dichiarazione di ristrutturazione oppure titolo abilitativo comunale da cui risulti la data di inizio lavori. Qualora l’intervento non ne preveda l’obbligatorietà, è sufficiente una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà.ù

fonte: Il Sole 24 Ore

TARI: ecco come va calcolata la parte variabile della tariffa.

Il dipartimento delle Finanze precisa che con riguardo alle pertinenze dell’abitazione va computata una sola volta in relazione alla superficie totale dell’utenza domestica
Arrivano i chiarimenti sull’applicazione della tassa sui rifiuti (Tari) relativa alle utenze domestiche. Con la circolare n. 1/DF del 20 novembre 2017, il dipartimento delle Finanze del Mef fornisce, in particolare, chiarimenti sul calcolo della parte variabile della stessa.
 
La questione, sollevata in sede di interrogazione parlamentare, attiene al dubbio circa il se la quota variabile della Tari debba essere calcolata una sola volta anche nel caso in cui la superficie di riferimento dell’utenza domestica comprenda quella delle pertinenze dell’abitazione.
Il dubbio è sorto poiché è risultato che le amministrazioni locali in alcune circostanze hanno calcolato l’importo della tassa considerando la quota variabile in relazione sia all’abitazione sia alle pertinenze. Attraverso questa modalità di calcolo la somma dovuta risulta molto più elevata rispetto a quella che emergerebbe computando la quota variabile una volta sola rispetto alla superficie totale.
 
Determinazione della tariffa: la normativa di riferimento
La tariffa della Tari è articolata nelle fasce di utenza domestica e non domestica e i criteri per la sua determinazione sono dettati dall’apposito regolamento adottato con il Dpr 158/1999, in base al quale essa è composta da:

  • parte fissa – determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio
  • parte variabile – rapportata alle quantità di rifiuti conferiti. 

Più specificamente, per le utenze domestiche:

  • la parte fissa è determinata in base alla superficie e alla composizione del nucleo familiare
  • la parte variabile è rapportata alla quantità di rifiuti indifferenziati e differenziati specificata per kg, prodotta da ciascuna utenza (tuttavia, nel caso di impossibilità di misurazione dei rifiuti per singola utenza, è previsto che essa venga determinata applicando uno specifico coefficiente di adattamento). 

I chiarimenti del Dipartimento
Nella circolare 1/DF viene innanzitutto sottolineato che, in analogia con i principi stabiliti per la Tares (tributo comunale sui rifiuti e sui servizi), per il calcolo della tariffa della Tari la nozione di utenza domestica “deve intendersi comprensiva sia delle superfici adibite a civile abitazione sia delle relative pertinenze”.
Ciò posto, la circolare evidenzia che:

  • la quota fissa di ciascuna utenza domestica deve essere calcolata moltiplicando la superficie dell’alloggio sommata a quella delle relative pertinenze per la tariffa unitaria corrispondente al numero degli occupanti dell’utenza stessa
  • la quota variabile è costituita da un valore assoluto, vale a dire da un importo rapportato al numero degli occupanti che non va moltiplicato per i metri quadrati dell’utenza e va sommato come tale alla parte fissa. 

Pertanto, con riguardo alle pertinenze dell’abitazione, la quota variabile deve essere computata una sola volta in relazione alla superficie totale dell’utenza domestica.
 
Un metodo di calcolo che prevede di sommare tante volte la quota variabile quante sono le pertinenze non ha alcun fondamento normativo e determina un aumento ingiustificato dell’importo della Tari.
 
Il rimborso
Definito il metodo corretto per il calcolo, la circolare precisa che i contribuenti che riscontrano conteggi errati da parte dei comuni (o dei gestori del servizio rifiuti) possono chiedere il rimborso degli importi indebitamente pagati. Il rimborso, peraltro, è ammissibile solo per gli anni a partire dal 2014 (anno in cui la Tari fu istituita); di conseguenza, non è ammesso per la tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (Tarsu).
 
Inoltre, chiarisce la circolare, non si può presentare istanza di rimborso se i comuni, che hanno realizzato sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico, hanno introdotto, in luogo della Tari, una tariffa avente natura corrispettiva.

L’istanza di rimborso deve essere presentata entro il termine di cinque anni dal giorno del versamento e deve contenere:

  • tutti i dati necessari a identificare il contribuente
  • l’importo versato
  • l’importo di cui si chiede il rimborso
  • i dati identificativi della pertinenza che è stata computata erroneamente nel calcolo.

fonte: Il Sole 24 Ore, MEF.

Imu e Tasi, saldo il 18 dicembre.

Scade il prossimo 18 dicembre il termine per effettuare il versamento del saldo Imu e Tasi 2017. Lo ricorda il Dipartimento delle Finanze con un comunicato pubblicato ieri sul proprio sito internet. Quest’anno il termine previsto per legge, cioè il 16 dicembre, scade di sabato e quindi il versamento può essere rinviato al lunedì successivo, il 18 dicembre per l’appunto.

Nel comunicato di ieri il Mef richiama le FAQ pubblicate lo scorso anno in occasione della scadenza del saldo Imu e Tasi 2016, alle quali fare riferimento considerato che la disciplina è rimasta invariata. 

Il Dipartimento delle Finanze precisa comunque le tre condizioni che devono sussistere per poter applicare le aliquote deliberate dai comuni nel 2017: 1) la delibera deve essere stata adottata entro il 31 marzo 2017, termine fissato quest’anno per l’adozione del bilancio di previsione; 2) la delibera deve essere stata pubblicata sul sito delle Finanze entro il 28 ottobre 2017 (i comuni sono obbligati a curare l’invio entro il termine perentorio del 14 ottobre); 3) l’aliquota fissata per la singola fattispecie impositiva non deve essere aumentata rispetto a quella applicabile nel 2015. 

Sul terzo punto il Mef evidenzia che dal 2016 è stato introdotto il “blocco” dei tributi, per cui non è possibile aumentare le aliquote di Imu e Tasi, a pena di inefficacia delle stesse. Fatti salvi però i casi di comuni che hanno deliberato il dissesto e il predissesto finanziario.

Anche in caso di violazione dei termini previsti dai punti 1) e 2) prima indicati, i contribuenti devono prendere in considerazione le aliquote dell’anno 2016, trattandosi di adempimenti previsti a pena di inefficacia delle delibere tardivamente adottate dall’ente oppure tardivamente inviate al Ministero.

fonte: MEF

Bonus fiscale: affitti agli studenti

A passare in rassegna le (spesso) incomprensibili formulazioni degli emendamenti, si possono anche trovare buone notizie. È il caso del correttivo al decreto fiscale approvato dalla commissione Bilancio del Senato che riguarda gli affitti degli studenti universitari fuori sede. Già perché lo sconto fiscale (una detrazione dall’Irpef del 19%) potrà riguardare molti più contribuenti rispetto ai 249mila dell’ultimo monitoraggio disponibile (numero molto esiguo). In realtà in questo caso si tratta di un vantaggio fiscale soprattutto per le famiglie, che potranno sfruttare il bonus in dichiarazione (modello 730 e modello Redditi) e quindi avranno maggiore convenienza a stipulare contratti di affitto registrati. Un esempio di quello che, tecnicamente, si chiama contrasto di interessi. In pratica l’emendamento approvato estendono la detrazione anche all’ipotesi in cui l’università sia ubicata in un comune distante da quello di residenza almeno 50 chilometri e gli studenti fuori sede siano residenti in zone montane o disagiate.

Che cosa cambia 

Le regole attualmente in vigore prevedono che la detrazione spetti solo agli studenti iscritti a un corso di laurea presso un’università ubicata in un Comune distante da quello di residenza almeno 100 chilometri e comunque in una provincia diversa, per unità immobiliari situate nello stesso Comune in cui ha sede l’università o in Comuni limitrofi, per un importo non superiore a 2.633 euro. A conti fatti, quindi se si indica questo importo massimo il tetto della detrazione utilizzabile è di 500 euro (arrotondati per difetto).

Di fatto, viene eliminato il riferimento alla provincia diversa. Quindi la detrazione potrà essere concessa se il contratto di locazione regolare (quindi non deve essere in nero) riguarda anche un fuori sede nella stessa provincia purché distante dalla famiglia almeno 100 chilometri oppure 50 chilometri se residenti in zone montane o disagiate.

Agevolazione a tempo? 

Attenzione però. L’emendamento, infatti, aggiunge anche un periodo alla norma attualmente in vigore (l’articolo 5, comma 1, lettera i-sexies, del Testo unico delle imposte sui redditi) in base al quale «la disposizione di cui al periodo precedente si applica limitatamente ai periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2017 ed al 31 dicembre 2018». Quindi da un lato si tratterebbe di una detrazione retroattiva (questa volta a favore del contribuente) ma sembrerebbe chiudere le porte a un utilizzo successivo dopo il 2018 (dichiarazione dei redditi da presentare nel 2019). E gli oneri stimati come costo della detrazione ampliata sono 13,7 milioni per il 2018 e 7,8 milioni per il 2019.

Ci sarà poi da chiarire il parametro in base al quale si definiranno le «zone montane o disagiate». E quindi molto probabilmente bisognerà aspettare l’interpretazione dell’agenzia delle Entrate in una circolare.

Detrazione per 249mila contribuenti 
Stando alle ultime statistiche fiscali delle dichiarazioni dei redditi disponibili (anno d’imposta 2015), i contribuenti che hanno sfruttato questa agevolazione non sono tantissimi: 249mila. Al top ci sono Sicilia (34.560) e Puglia (34.465) seguite dal Veneto (18.937), dalla Calabria (17.696) e dalla Campania (15.951). Subito dopo c’è la Lombardia (14.619). Forse questo è il dato più sorprendente, se si immagina che la migrazione universitaria sia un fenomeno che tradizionalmente segue un flusso da Sud verso Nord. Probabilmente però bisogna anche considerare la migrazione all’interno della stessa regione e il fatto che la detrazione vale anche per i canoni di locazione degli studenti iscritti a un corso di laurea presso un’università in uno Stato dell’Unione europea o aderente all’accordo sullo Spazio economico europeo.

Anche la spesa complessiva indicata nelle dichiarazioni è di poco superiore a 409mila euro con un importo medio di 1.640 euro.

fonte: Il Sole 24 Ore

ROTTAMAZIONE delle CARTELLE: c’è tempo fino al 30 novembre

C’è tempo fino al 30 novembre 2017 per rimettersi in regola con i pagamenti scaduti della definizione agevolata. I contribuenti che avevano già aderito alla “rottamazione delle cartelle” e che hanno saltato, o pagato parzialmente, le prime due rate (le scadenze erano fissate al 31 luglio 2017, per la prima o unica rata e al 2 ottobre 2017 per la rata successiva) potranno pagare le rate non versate senza l’aggiunta di sanzioni o ulteriori interessi. Per effettuare il pagamento è possibile utilizzare i bollettini RAV ricevuti dall’Agente della riscossione nella comunicazione di avvenuta adesione.
 
È questa una delle principali novità introdotte dal decreto fiscale 148/2017 (articolo 1, comma 1). In tal modo, si consente ai contribuenti interessati di rimettersi in regola e di non perdere i benefici previsti dalla rottamazione, semplicemente saldando le rate scadute previste dal piano di rateizzazione della definizione agevolata.
 
Si ricorda, inoltre, che il prossimo 30 novembre scade anche la terza rata del piano.
 
In altri termini, per effetto dello slittamento al 30 novembre della scadenza della prima e della seconda rata, i contribuenti che non avevano rispettato i termini originari non saranno più considerati “decaduti” (come inizialmente previsto dal Dl 193/2016). Nel caso in cui il contribuente abbia effettuato un pagamento parziale di una o due rate, potrà versare la differenza (saldo) entro il 30 novembre.
 
Con il versamento del totale complessivo delle rate scadute, e dell’eventuale terza rata, entro la scadenza di fine novembre, i contribuenti saranno considerati in regola con i pagamenti per l’anno 2017 e non dovranno compiere ulteriori adempimenti.
Resta inteso che dovranno comunque essere rispettate le altre eventuali scadenze, quarta e quinta rata, previste nel piano di rateizzazione per non perdere i benefici previsti dalla rottamazione.
 
Per effettuare il pagamento sono disponibili i seguenti canali:

  • sportelli bancari e uffici postali, presentando all’operatore il bollettino RAV ricevuto dall’Agente della riscossione
  • internet banking, collegandosi al sito della propria banca per utilizzare il servizio per il pagamento dei RAV (è sufficiente inserire il numero del bollettino RAV e l’importo da pagare, mentre non è obbligatorio indicare la causale)
  • sportelli bancomat (Atm) abilitati, utilizzando la propria tessera bancomat e accedendo al servizio per il pagamento dei RAV
  • tabaccai convenzionati con Banca 5 SpA, punti vendita Sisal e Lottomatica (in tal caso, il contribuente deve presentare il bollettino RAV ricevuto dall’Agente della riscossione e il rivenditore provvederà a effettuare il pagamento)
  • sportelli di Agenzia delle entrate-Riscossione (il contribuente non deve necessariamente presentare il bollettino RAV, ma può richiedere di pagare indicando anche solo il proprio codice fiscale. L’operatore di sportello provvederà a effettuare il pagamento)
  • sito Agenzia delle entrate-Riscossione e App Equiclick (il contribuente può pagare il bollettino RAV collegandosi alla sezione pagamenti del sito www.agenziaentrateriscossione.gov.it, inserendo il proprio codice fiscale, il codice RAV e l’importo dovuto). 

Si ricorda, inoltre, che è possibile pagare i tributi indicati nelle cartelle di pagamento, utilizzando in compensazione crediti commerciali “certificati” vantati nei confronti della pubblica amministrazione (per saperne di più si rinvia all’apposita sezione del sito di Agenzia entrate-Riscossione).
Sullo stesso sito, infine, i contribuenti possono trovare utili guide sintetiche, le risposte alle domande più frequenti (Faq) e le pagine informative relative alla definizione agevolata.

fonte: Agenzia delle Entrate