Valore legale della copia di cortesia nella fattura elettronica

Per il solo consumatore finale, la copia di cortesia ha valenza anche ai fini fiscali. Soltanto in caso di discordanza con i contenuti della fattura elettronica, anche emessa in data successiva, e fatta salva la prova contraria, queste copie possono essere utilizzate dal privato come documenti utili ai fini, per esempio, delle detrazioni fiscali. Una delle questioni più ricorrenti, dibattuta in dottrina con indicazioni diametralmente opposte, riguarda proprio la validità della copia di cortesia ai fini delle detrazioni per la ristrutturazione o per il risparmio energetico.
È certo che in tutti i casi in cui corre l’obbligo di emissione di fatturazione elettronica, la fattura stessa, emessa nel formato legale (XML), è l’unico documento rilevante ai fini civili e fiscali, sia per l’emittente, sia per il destinatario, con obbligo di conservazione digitale a norma, ai sensi dei decreti 17.06.2014 e 3.12.2013; quindi il legale o il commercialista, per la prestazione eseguita nei confronti di un privato cittadino, non partita Iva, deve emettere sempre la fattura digitale.
Per esigenze soprattutto di leggibilità (problema superato con i convertitori del formato XML), al cliente può essere consegnata una copia cartacea (anche in versione .pdf) che non assume alcun valore fiscale, giacché tale documento viene considerato appunto una mera “copia di cortesia”; ciò è diventato un obbligo, dal 1.01.2019, per i clienti non stabiliti (esteri) e per i consumatori finali nazionali (privati).
Non solo. La fattura elettronica deve essere emessa anche a favore di soggetti che non sono tenuti alla relativa emissione come i forfetari, di cui all’art. 1, cc. da 54 a 89 L. 190/2014, i minimi, di cui all’art. 27, cc. 1 e 2 D.L. 98/2011 e i produttori agricoli esonerati, di cui all’art. 34, c. 6 D.P.R. 633/1972, nonché gli operatori sanitari che inviano i dati al Sistema tessera sanitaria (STS).
Quindi, in aderenza alle vigenti disposizioni e sulla base della risposta a una FAQ dall’Agenzia delle Entrate, qualora il cliente sia un consumatore finale, l’esercente o il prestatore dovrà comunque mettere a disposizione della controparte, al momento dell’emissione della fattura elettronica, una copia analogica o elettronica della fattura (provvedimento Agenzia delle Entrate 30.04.2018), comunicando “contestualmente” che il documento è messo a disposizione dal sistema SdI nell’area riservata del sito web delle Entrate. La copia analogica (cartacea) o elettronica potrà essere consegnata anche anticipatamente, vista la possibilità, almeno per la fase transitoria fino al 30.06.2019, di non essere colpiti da sanzioni in presenza di una fatturazione successiva rispetto al momento impositivo, di cui all’art. 6 D.P.R. 633/1972, sempreché l’emissione avvenga entro il termine relativo alla liquidazione periodica.
La stessa Agenzia delle Entrate, sul tema della copia di cortesia, precisa che ai fini del controllo documentale, di cui all’articolo 36-ter D.P.R. 600/1973, deve essere fatto riferimento ai contenuti della copia analogica (quindi cartacea) rilasciata al consumatore finale e che, in caso di discordanza nei contenuti tra la fattura elettronica e la copia cartacea, fatta salva la prova contraria (per esempio, l’entità del pagamento effettuato), saranno ritenuti validi, anche ai fini tributari, quelli della fattura digitale.
Molti ritengono che la fattura cartacea sia valida anche per la registrazione e lo scarico di costi per imprese e lavoratori autonomi, ma non è così perché i soggetti passivi Iva (e non i consumatori finali), anche in regime sostitutivo, devono scaricare il file in formato XML, procedendo nella relativa contabilizzazione.

fonte: Il Sole 24 Ore

Acconti d’imposta per il 2017: 30 novembre.

Appuntamento imminente con il secondo anticipo dell’anno che, a differenza del primo, dovrà essere versato per intero, senza possibilità di suddividere il dovuto in rate.
La stagione degli acconti è agli sgoccioli: giovedì 30 novembre, infatti, scade il termine per il versamento della seconda o unica rata degli acconti Irpef, Ires, Irap e di diverse altre imposte.
Sono chiamate all’adempimento tutte le categorie di contribuenti (persone fisiche, società di persone ed equiparate e soggetti Ires), anche se con alcune differenze relative sia alla misura dell’acconto sia alle modalità di versamento. In merito a queste ultime, tenuto conto del “denominatore” comune, costituito dall’utilizzo dell’F24, l’unica diversità riguarda le procedure di presentazione del modello, obbligatoriamente telematiche solo per i titolari di partita Iva, e l’utilizzo di diversi codici tributo.
Più articolato, invece, si presenta il calcolo dell’importo da pagare, che dipende sia dalla tipologia d’imposta sia da quella di contribuente. In ogni caso, una volta determinato l’acconto autunnale, questo dovrà essere versato per intero, senza la possibilità di rateizzare la somma, concessa in occasione del pagamento della prima tranche.
 
Metodo storico e metodo previsionale
In linea generale sono due i criteri attraverso i quali procedere al calcolo dell’acconto:

  • metodo storico – il calcolo viene effettuato sulla base dell’imposta dovuta per l’anno precedente (2016), al netto di detrazioni, crediti d’imposta e ritenute d’acconto risultanti dalla relativa dichiarazione dei redditi
  • metodo previsionale –  il calcolo viene effettuato sulla base dell’imposta presumibilmente dovuta per l’anno in corso (2017), considerando, quindi, i redditi che il contribuente ipotizza di realizzare nonché gli oneri deducibili/detraibili che dovrebbero essere sostenuti e i crediti d’imposta spettanti. 

Acconto Irpef
In generale, la misura dell’acconto deve essere determinata in base a quanto dichiarato in Redditi Pf 2017. In pratica, il contribuente deve riprendere la sua dichiarazione e leggere il risultato evidenziato nel rigo RN34 (differenza): su questo importo deve essere applicata una determinata percentuale normativamente prestabilita che, per il 2017, è fissata al 100%.
Tuttavia, in alcuni casi l’acconto non è dovuto: ad esempio, se l’importo indicato nel rigo RN34 non supera 52 euro oppure nell’anno precedente non sono stati conseguiti redditi e, quindi, non è stata presentata la dichiarazione.
 
Se l’importo risultante dal rigo RN34 è pari o superiore a 52 euro, ma non superiore a 258 euro, l’acconto deve essere versato in un’unica soluzione entro il prossimo 30 novembre.
Qualora, invece, l’importo risultante dal rigo RN34 è superiore a 258 euro, l’acconto deve essere versato in due rate:

  • la prima, stabilita nella misura del 40%, andava pagata entro il 30 giugno scorso, in corrispondenza del saldo 2016, ovvero nel termine del 31 luglio con la maggiorazione dello 0,40%
  • la seconda, il restante 60%, entro il prossimo 30 novembre. 

Quanto detto si addice ai contribuenti che hanno una situazione reddituale “stabile”. Al contrario, coloro che, per l’anno in corso, presumono di avere un risultato economico inferiore possono ricorrere al metodo previsionale. Questa scelta può essere vantaggiosa, ma sicuramente più incerta e rischiosa. Infatti, da un lato, comporta la riduzione (o il non pagamento dell’acconto), dall’altro espone al rischio di errore, con il conseguente versamento di un acconto in misura inferiore rispetto a quanto realmente dovuto e la successiva applicazione di sanzioni e interessi sulla differenza non versata.
 
Al di là del metodo scelto per la sua determinazione, per il versamento, entro il 30 novembre, della seconda o unica rata dell’acconto Irpef 2017 deve essere utilizzato il modello di pagamento F24, nel quale va indicato il codice tributo 4034 (Irpef – acconto seconda rata o acconto in unica soluzione).
 
Acconto Ires
Giovedì 30 novembre, all’appello dell’acconto 2017 sono chiamati anche i soggetti Ires con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare. Anche per questi soggetti l’acconto è fissato nella misura del 100%.
Se viene utilizzato il metodo storico, per il calcolo dell’acconto dovuto bisogna fare riferimento al rigo RN17 del modello Redditi Sc 2017 o al rigo RN28 del modello Redditi Enc 2017 (“Ires dovuta o differenza a favore del contribuente”). L’acconto non è dovuto se gli importi indicati in tali righi  non supera i 21 euro.
I versamenti di acconto Ires sono effettuati in due rate salvo che il versamento della prima rata non superi 103 euro. Il 40% dell’acconto dovuto è versato alla scadenza della prima rata e il residuo importo (60%) alla scadenza della seconda, cioè entro il prossimo 30 novembre.
Per la determinazione dell’acconto Ires, non si può tener conto, nella misura del 70%, delle ritenute sugli interessi, premi e altri frutti dei titoli, scomputate per il periodo d’imposta precedente.
In alternativa al metodo storico, è possibile ricorrere al metodo previsionale: in tal caso, il soggetto Ires, che ritiene di realizzare un minor reddito nel 2017, può parametrare l’acconto all’imposta che presume di dover versare per l’anno successivo. Anche in questo caso il contribuente si espone al rischio di errore con la possibilità di dover successivamente pagare sanzioni e interessi sull’importo non versato.
I soggetti Ires, in sede di compilazione del modello F24, devono indicare il codice tributo 2002 (Ires acconto – seconda rata o acconto in unica soluzione).
 
Acconto Irap
Il versamento in acconto dell’Irap deve essere effettuato secondo le stesse regole stabilite per le imposte sui redditi.
Il codice tributo da utilizzare per il pagamento, entro il prossimo 30 novembre, della seconda rata (o, nei casi previsti, dell’acconto in unica soluzione) e da indicare sul modello F24 è il 3813.

Acconto cedolare secca
RB12 è il rigo del modello Redditi Pf riservato all’acconto della cedolare secca, l’imposta sui canoni derivanti dalla locazione di immobili a uso abitativo che sostituisce l’Irpef e le relative addizionali, nonché l’imposta di registro e di bollo sui contratti di locazione.
Per stabilire se è dovuto o meno l’acconto relativo alla cedolare secca per il 2017 bisogna controllare l’importo indicato nel rigo RB11, colonna 3, (“Totale imposta cedolare secca”). Se questo importo non supera 52 euro, l’acconto non è dovuto; se, invece, è superiore, è dovuto l’acconto nella misura del 95% del suo ammontare.
Per quanto riguarda modalità e termini di versamento si applicano le regole previste per l’Irpef.
Per il pagamento con F24 della seconda rata si utilizza il codice tributo 1841.
 
Gli altri contribuenti e tributi interessati
All’appuntamento di giovedì 30 novembre sono chiamati anche coloro che si avvalgono del regime agevolato per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità (articolo 27, comma 1, Dl 98/2011) e i contribuenti “di piccole dimensioni” che aderiscono al regime forfetario agevolato (articolo 1, commi 54-89, legge 190/2014).
Tali contribuenti, nell’F24 indicano i seguenti codici tributo:

  • 1794 – imposta sostitutiva sul regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità – acconto seconda rata o in unica soluzione
  • 1791 – imposta sostitutiva sul regime forfetario – acconto seconda rata o in unica soluzione.

La scadenza del 30 novembre interessa anche altri tributi, come l’Ivie e l’Ivafe, rispettivamente “imposta sul valore degli immobili situati all’estero” e “imposta sulle attività finanziarie detenute all’estero”. E, poi, naturalmente, le addizionali e le maggiorazioni all’Irpef e/o all’Ires.
Questi i codici tributo per il pagamento della seconda rata o dell’acconto in unica soluzione:

  • 4045 – imposta sul valore degli immobili situati all’estero, a qualsiasi uso destinato dalle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato
  • 4048 – imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero dalle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato
  • 4004 – addizionale Irpef
  • 2005 – addizionale Ires
  • 2014 – addizionale Ires 4% settore petrolifero e gas
  • 2019 – maggiorazione Ires (per le società di comodo). 

Le ipotesi di ricalcolo dell’acconto
In alcuni casi è necessario effettuare il ricalcolo dell’acconto dovuto per il 2017, attraverso la rideterminazione dell’imposta dovuta con riferimento ai redditi 2016. Quest’ultima deve essere utilizzata come nuovo parametro di riferimento per la determinazione dell’acconto 2017.
Ad esempio, devono procedere al ricalcolo dell’acconto:

  • gli esercenti di impianti di distribuzione di carburante (l’acconto dovuto deve essere calcolato senza tener conto degli effetti della deduzione forfettaria prevista per la determinazione del reddito di tali contribuenti)
  • gli esercenti attività di noleggio occasionale di imbarcazioni e navi da diporto (per il calcolo dell’acconto non deve essere considerata l’eventuale applicazione dell’imposta sostitutiva del 20%)
  • gli enti creditizi e finanziari che, nel 2016, hanno dedotto svalutazioni e perdite su crediti. Per questi componenti reddituali, infatti, il Dl 83/2015 ha sancito l’integrale deducibilità nell’esercizio di imputazione a conto economico, con la previsione di uno specifico regime transitorio. In merito alla determinazione degli acconti dovuti, tali soggetti non devono tener conto delle nuove regole
  • i contribuenti Ires che nel 2016 hanno beneficiato dell’Ace, i quali devono ricalcolare l’acconto relativo al 2017 sulla base del nuovo coefficiente applicabile per il 2017, cioè 1,6%.

fonte: Il Sole 24 Ore

AUGURI.

La dottoressa Capriotti augura a tutti i propri Clienti un sereno Natale ed un felice Anno Nuovo.

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Lo Studio chiuderà il 29 dicembre e riaprirà il 7 gennaio.

Fattura Pa elettronica

La data è arrivata: dal 6 giugno, l’obbligo della fattura elettronica verso la Pubblica amministrazione è diventato definitivamente operativo. Questo nuovo adempimento che rivoluziona l’organizzazione e il modo di lavorare delle Pa, però, non opera immediatamente nei confronti di tutti gli enti pubblici. In effetti, l’obbligo scatta oggi solo per ministeri, Agenzie fiscali ed enti nazionali di previdenza. L’obbligo si estenderà a tutti gli enti ricompresi nel conto economico consolidato dello Stato solo dal 31 marzo 2015.

Attenzione, però: il riferimento alle tre tipologie di organismi pubblici per i quali la fatturazione elettronica scatta oggi, pur se relativo a solo 38 amministrazioni, in effetti riguarda oltre 18.000 uffici disseminati su tutto il territorio dello Stato. Si pensi, ad esempio, alle scuole di ogni ordine e grado, alla Polizia di Stato, ai Carabinieri e alla Guardia di finanza.

Questi enti, secondo le rilevazioni dell’Agid (Agenzia per l’Italia digitale) aggiornate al 5 giugno, sono – almeno in relazione all’accreditamento all’Ipa – del tutto soddisfacenti in quanto per i ministeri risultano censiti 18.340 uffici su 18.349 (per una percentuale del 99,95%); per le agenzie fiscali gli uffici censiti sono 79 su 79 (100%); per gli enti nazionali di previdenza e assistenza sociale gli uffici censiti sono 103 su 103 (100%).

Ovviamente l’identificazione all’Ipa costituisce un elemento importante, ma per verificare l’effettiva tenuta del sistema bisognerà certamente attendere i primi riscontri che si avranno nei prossimi giorni. Comunque tutto sembra pronto all’avvento della fattura elettronica e se, nei prossimi giorni ci saranno dei problemi, bisogna considerare lo sforzo e guardare al risultato che si potrà ottenere nell’immediato futuro dall’efficentamento della macchina pubblica, che porterà concreti vantaggi sia ai fornitori (nella gestione dei rapporti con i committenti e cessionari pubblici), sia allo Stato (nella determinazione e nel controllo della spesa), sia alle stesse pubbliche amministrazioni (nella automazione e integrazione dell’intero ciclo passivo).

Comunque anche se la prima scadenza per l’invio della fattura elettronica è arrivata e il processo è partito, il cantiere delle riforme e delle semplificazioni relative allo specifico adempimento non si arresta e nei prossimi giorni si attendono almeno due importanti provvedimenti.

In primo luogo, si attende l’emanazione del decreto del ministero delle Finanze per la conservazione elettronica dei documenti fiscali. Il decreto, che sostituirà il precedente Dm 23 gennaio 2004, porta con se notevoli semplificazioni per i soggetti che gestendo il processo di fatturazione elettronica devono necessariamente provvedere alla conservazione a norma degli stessi. Il nuovo decreto, oltre a estendere notevolmente il termine di conservazione della fattura (si veda a proposito l’articolo in basso), porterà delle semplificazioni in materia di comunicazioni (non sarà più obbligatorio comunicare annualmente all’agenzia delle Entrate l’impronta dell’archivio, ma ci si limiterà a fornire un’informazione in dichiarazione dei redditi); in materia di bollo (l’assolvimento dell’imposta avverrà solo a consuntivo senza più comunicazioni cartacee preventive).

Altro provvedimento in arrivo è la conversione del Dl 66/2014 (decreto Renzi) che, oltre ad aver anticipato al 31 marzo 2015 l’obbligo di fatturazione elettronica per tutta la Pa, ha previsto l’obbligo di inserire nella fattura elettronica il Cig (codice identificativo di gara) e il Cup (codice Unico di progetto). Queste informazioni, in effetti, erano prima del decreto legge n. 66/2014 solo facoltative. È da segnalare che questi codici non sempre sono obbligatori ma si applicano le esclusioni previste dalla legge n. 136/2010.

fonte: Il Sole 24 Ore

Le tasse fino a Natale

Le prime scadenze sono lunedì 2 dicembre e si arriverà fino al 16 gennaio: data in cui andrà versata la mini-Imu nei 2.500 Comuni che hanno alzato le aliquote sulla prima casa.

1-Tasse da pagare/Acconto Irpef entro il 2 dicembre.
Persone fisiche e società di persone devono pagare l’acconto Irpef al 100% entro lunedì 2 dicembre. In pratica chi ha versato il primo acconto nella scorsa estate pagando il 39,6% ora deve versare il 60,4 per cento. L’acconto di dicembre è dovuto da chi ha indicato nella dichiarazione dei redditi 2013 un’imposta a debito superiore a 51,65 euro.
Tasse da pagare/Cedolare sugli affitti entro il 2 dicembre.

2-La scadenza del 2 dicembre riguarda anche chi ha affittato casa con la cedolare secca. L’aliquota dell’acconto è del 95 per cento. Chi, però, ha affittato con un canone concordato può già tener conto della riduzione del prelievo fiscale (dal 19% al 15%) utilizzando il calcolo con il metodo previsionale.

3-Tasse da pagare/Acconto Irap per persone fisiche e società di persone.
Imprenditori persone fisiche (che non hanno i requisiti dell’esenzione) e società di persone devono versare anche l’acconto Irap entro lunedì 2 dicembre. Anche in questo caso, chi ha versato il primo acconto nella scorsa estate pagando il 39,6% ora deve versare il 60,4 per cento.

4-Tasse da pagare/Acconto per i minimi entro il 2 dicembre.
Appuntamento alla cassa anche per i minimi, vale a dire le piccole attività imprendiotoriali e professionali che rientrano nel regime agevolato con le tasse al 5% e che non devono pagare Irap e Iva. Se il contribuente minimo possiede anche altri redditi ordinariamente assoggettabili a Irpef dovrà provvedere a due distinti versamenti: uno per la sostitutiva e uno per la tassazione Irpef.

5-Tasse da pagare/Ivie e Ivafe sui capitali all’estero.
Anche i capitali regolarmente detenuti e dichiarati al Fisco rientrano nell’appuntamento con l’acconto di dicembre. Entro il 2 dicembre si paga la tranche relativa a Ivie (l’imposta sugli immobili all’estero) e Ivafe (l’imposta sulle attività finanziarie all’estero).

6-Tasse da pagare/Maxi-acconti Ires e Irap per le società entro il 10 dicembre.
Una mini-proroga per un maxi-versamento. Le società di capitali (Spa e Srl) avranno tempo fino al 10 dicembre per pagare l’acconto di Ires (l’imposta sui redditi societari) e Irap. A fronte di questa piccola dilazione, il Fisco chiederà un maggior prelievo: 102,5 per cento. In pratica chi ha versato il primo acconto nella scorsa estate pagando il 40% ora deve versare il 62,5 per cento. Anche per l’anno prossimo gli acconti di novembre saranno maggiorati ma al 101,5 per cento.

7-Tasse da pagare/Maxi-acconti Ires e Irap per le banche entro il 10 dicembre.
Banche e assicurazioni dovranno pagare più di tutti. L’acconto è del 130% sia per l’Ires che per l’Irap. La scadenza di versamento è martedì 10 dicembre.

8-Tasse da pagare/Saldo Imu entro il 16 dicembre.
Tutti alla cassa per pagare l’Imu su seconde case, capannoni e immobili strumentali in generale. Pagano anche le prime case di lusso. I Comuni avranno tempo fino al 9 dicembre per pubblicare le delibere con variazioni di aliquote sul proprio sito.

9-Tasse da pagare/Acconto Iva entro il 27 dicembre.
Anche l’Iva ha il suo acconto. La scadenza per l’imposta sul valore aggiunto è subito dopo Santo Stefano: si va alla cassa entro il 27 dicembre.

10-Tasse da pagare/Mini-Imu entro il 16 gennaio.
Il decreto Imu (Dl 133/2013) che ha cancellato la seconda rata sull’abitazione principale ha lasciato in eredità ai cittadini di 2.500 Comuni italiani l’obbligo di pagare una mini-Imu perché le amministrazioni municipali avevano comunque deciso un aumento di aliquota (rispetto a quella standard dello 0,4%) sulla prima casa. Il termine per il pagamento di quel che resta della seconda rata (e cioè il 40% della differenza tra Imu calcolata ad aliquota standard e ad aliquota reale) è il 16 gennaio 2014.

Il Fisco «perdona» i piccoli errori

Fisco al lavoro per ridurre o azzerare le sanzioni a carico dei contribuenti che commettono piccoli errori in buona fede, senza l’intento di evadere. Sul tavolo varie ipotesi: basti pensare che una norma già esistente nell’ordinamento prevede l’abbandono dei crediti erariali perr importi fino a 30 euro mentre altre si attestano su valori più bassi (si veda anche l’articolo sotto). L’obiettivo è evitare contenziosi inutili e costosi oltre a procedure di recupero che si rivelano anti-economiche anche per l’amministrazione finanziaria.
La circolare che deve segnare la svolta è alla limatura finale prima del via libera dei vertici dell’agenzia delle Entrate. L’obiettivo è segnare un ulteriore passo nella strada dell’attuazione del pacchetto di semplificazioni annunciato dal direttore dell’agenzia delle Entrate, Attilio Befera. Era stato lo stesso Befera, del resto, in occasione della presentazione del pacchetto, ad annunciare che sarebbe stata presto chiarita la definizione di «errore per modico valore». Questo anche per “salvare” le eventuali adesioni agli strumenti deflativi del contenzioso, come il ravvedimento, il reclamo-mediazione o l’adesione agli accertamenti (si veda Il Sole 24 Ore del 4 luglio). In questo modo si dovrebbero scongiurare richieste inutili ai contribuenti e così “superare” recenti interventi della Corte di cassazione che ha censurato ravvedimenti sbagliati per errori minimi.
Resta da definire la soglia di rilevanza dell’errore. Anche se un punto di riferimento potrebbe venire dalle regole già esistenti nell’ordinamento. Va ricordato, infatti, che per le richieste del Fisco, con differenze di pochi euro, una norma di legge già prevede l’abbandono della riscossione di importi minimi. Il Dpr 16 aprile 1999, n. 129, infatti, dispone, proprio per ragioni di economicità dell’azione amministrativa, l’abbandono dei crediti erariali, regionali e locali di importo non superiore a 16,53 euro. Il vecchio limite di 16,53 è stato, poi, elevato a 30 euro dal decreto legge 16/2012. Dal 1° luglio 2012, infatti, si abbandonano i crediti erariali, regionali e locali di importo non superiore a 30 euro, al posto del precedente limite di 16,53 euro. Ne consegue che non si procede ad accertamento, iscrizione a ruolo e riscossione dei crediti relativi ai tributi erariali, regionali e locali, nel caso in cui l’ammontare dovuto, comprensivo di sanzioni e interessi, per ciascun credito, con riferimento a ogni periodo d’imposta, non superi l’importo di 30 euro. D’altra parte è possibile trovare punti di appoggio anche in precedenti circolari della stessa agenzia delle Entrate. Un riferimento può essere fatto, per esempio, alla circolare 9/E del 19 marzo 2012, che ha per oggetto la mediazione tributaria. Con questa circolare, le Entrate avvertono che, se le somme versate a seguito dell’accordo sono lievemente inferiori a quelle dovute per una svista del contribuente che – anche oltre il termine di legge – ha poi sanato l’errore, l’ufficio valuta l’opportunità di ritenere valido il pagamento, tenendo conto dell’intento deflativo dell’istituto e dei princìpi di economicità, nonché di conservazione dell’atto amministrativo. Le stesse valutazioni possono essere effettuate nel caso di lieve ritardo nel versamento o di altre minime irregolarità. In proposito, valgono anche le indicazioni fornite dalle Entrate, con la circolare 48/E/2011, nel punto in cui si legge che «gli uffici non mancheranno, tuttavia, di fare corretta applicazione del principio dell’errore scusabile» enunciato all’articolo 16, comma 9 della legge 289/2002, secondo cui «in caso di pagamento in misura inferiore a quella dovuta, qualora sia riconosciuta la scusabilità dell’errore, è consentita la regolarizzazione del pagamento medesimo entro 30 giorni dalla data di ricevimento della relativa comunicazione dell’ufficio».
I tetti attuali:
30 euro Il limite dell’abbandono
Se i crediti erariali, regionali e locali hanno un importo non superiore ai 30 euro l’ente impositore non può più cercare di incassarli. Di conseguenza non si procede all’accertamento, all’iscrizione a ruolo e alla riscossione dei crediti relativi ai tributi in tutti i casi in cui l’incasso, per ciascun periodo di imposta, non supera i 30 euro
11 euro Soglia minima per Iva e Irap
Le norme in vigore prevedono che per l’imposta sul valore aggiunto e l’imposta regionale sulle attività produttive i versamenti si eseguono a partire da 11 euro (fino a 10 euro non si versa, né rimborsa né compensa). Per le imposte sostitutive del 5% (superminimi), del 10% o del 20% si applicano i minimi previsti per Iva e Irap
13 euro Soglia minima per Ires e Irpef
Per Ires, Irpef e relative addizionali fino a 12 euro non c’è nessun obbligo di versamento. L’importo che è inferiore al “minimo”, come esonera dal pagamento, esclude dal fatto che possa essere rimborsato o compensato. I limiti attuali di pagamento contrastano, però, con il limite di versamento (in caso di accertamento o iscrizione a ruolo) fissato a 30 euro.

Unico 2013

Al via la stagione della dichiarazione dei redditi con il modello Unico 2013, che può essere utilizzato da persone fisiche (lavoratori autonomi e imprenditori); società di persone; associazioni professionali; società ed enti soggetti all’Ires, cioè all’imposta sul reddito delle società, che, dal 2004, ha sostituito l’Irpeg, cioè la vecchia imposta sul reddito delle persone giuridiche. Chi può presentare la dichiarazione ancora in forma cartacea presso gli uffici postali, deve farlo tra il 2 maggio e il 30 giugno, chi invece invia l’Unico in modalità telematica ha tempo fino al 30 settembre.

I soggetti esclusi dall’Unico
Non tutti i contribuenti sono obbligati alla dichiarazione unificata, modello Unico. Ad esempio, un contribuente, che come sostituto d’imposta deve presentare il modello 770 semplificato, è obbligato a presentare in via telematica tre distinte dichiarazioni: il modello Unico, che comprende le imposte sui redditi e l’Iva; il modello Irap; il modello 770 semplificato. Diverso è invece il discorso relativo a quei soggetti, principalmente le società di capitali che hanno un periodo d’imposta che non coincide con l’anno solare, che devono presentare quattro distinte dichiarazioni: Iva; imposte sui redditi; Irap; modello 770, per le somme assoggettate a ritenuta e contributi previdenziali. Le dichiarazioni possono essere anche cinque nel caso in cui le società di capitali devono presentare sia il 770 semplificato, sia il 770 ordinario.

La scadenza
Per la presentazione dei modelli annuali, Iva, Irap e Unico 2013 compreso, la scadenza ordinaria è fissata per il 30 settembre 2013. Le persone fisiche, nonché le società di persone o le associazioni tra professionisti, presentano all’agenzia delle Entrate le dichiarazioni in materia di imposta sui redditi e di imposta regionale sulle attività produttive esclusivamente in via telematica entro il 30 settembre dell’anno successivo a quello di chiusura del periodo d’imposta (Dpr 22 luglio 1998, n. 322). Le società di capitali e gli altri soggetti Ires presentano le dichiarazioni entro l’ultimo giorno del nono mese successivo a quello di chiusura del periodo d’imposta. Per i soggetti Ires con esercizio che coincide con l’anno solare, la scadenza è perciò sempre quella del 30 settembre.

La correttiva nei termini
Il contribuente che, dopo avere presentato la dichiarazione, si accorge di avere commesso errori o dimenticanze può presentare una dichiarazione “correttiva nei termini”, barrando sul frontespizio la casella. Può essere il caso di un contribuente che, nel mese di agosto 2013, presenta il modello Unico 2013 persone fisiche e che, prima della scadenza del termine, fissata per il 30 settembre 2013, si accorge di avere dimenticato di indicare alcuni oneri sostenuti nell’anno 2012. Egli può presentare, entro il 30 settembre 2013, in via telematica un nuovo modello Unico, completo in tutte le sue parti, che sostituisce integralmente il primo modello Unico 2013 già presentato.

L’integrazione di Unico
Nel caso in cui il contribuente intende invece presentare una dichiarazione integrativa, sono previste tre caselle, la prima riguarda la “dichiarazione integrativa a favore”, la seconda riguarda “la dichiarazione integrativa”, cioè quella a sfavore del contribuente, e la terza serve solo per modificare l’originaria richiesta di rimborso (entro 120 giorni). Al riguardo, nelle istruzioni per la compilazione del modello Unico 2013 persone fisiche, parte seconda “guida alla compilazione della dichiarazione”, al paragrafo 3 “compilazione del frontespizio”, alla voce “integrazione della dichiarazione”, si legge che, scaduti i termini per la presentazione della dichiarazione, il contribuente può rettificare o integrare la stessa presentando, secondo le stesse modalità previste per la dichiarazione originaria, una nuova dichiarazione completa di tutte le sue parti, su modello conforme a quello approvato per il periodo d’imposta cui si riferisce la dichiarazione. Presupposto per presentare la dichiarazione integrativa è che sia stata validamente presentata la dichiarazione originaria. Per quanto riguarda quest’ultima, si ricorda che sono considerate valide anche le dichiarazioni presentate entro novanta giorni dal termine di scadenza, fatta salva l’applicazione delle sanzioni. Il contribuente che segnala nel frontespizio di presentare una “dichiarazione integrativa a favore”, barrando la relativa casella, specifica infatti che sta presentando una dichiarazione a favore dopo la scadenza del termine. La dichiarazione a favore del contribuente può riguardare errori od omissioni contenuti nel modello Unico 2012 presentato entro il 1° ottobre 2012 in via telematica. Per esempio, il contribuente che si è dimenticato di indicare oneri sostenuti o versamenti effettuati nel modello Unico 2012 presentato lo scorso anno nei termini, non è soggetto a sanzioni perché presenta una dichiarazione “bonaria”: il contribuente, cioè, corregge una dichiarazione nella quale ha pagato più di quanto doveva. La correzione si esegue, presentando l’Unico 2012, entro il 30 settembre 2013, barrando la casella “dichiarazione integrativa a favore” e senza pagare alcuna sanzione.

L’integrazione di Unico a sfavore con sanzioni e interessi
Il contribuente si può “ravvedere” per integrare a favore del Fisco una dichiarazione annuale Iva, redditi o Irap già presentata precedentemente. Il contribuente che segnala nel frontespizio di presentare una “dichiarazione integrativa”, specifica infine che sta presentando una dichiarazione a suo sfavore, cioè con l’indicazione di maggiori somme dovute. In proposito, nelle istruzioni per la compilazione del modello Unico 2013 persone fisiche, parte seconda “guida alla compilazione della dichiarazione”, al paragrafo 3 “compilazione del frontespizio”, alla voce “dichiarazione integrativa”, sono previste due caselle. La prima casella deve essere barrata:
– nelle ipotesi di ravvedimento previste all’articolo 13 del decreto legislativo 472/1997, entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo; può essere il caso, ad esempio, di un contribuente che ha presentato nei termini l’Unico 2012 e intende integrarlo per indicare alcuni redditi che aveva omesso in sede di presentazione di Unico 2012; questa dichiarazione può essere presentata entro il 30 settembre 2013, sempreché non siano iniziati accessi, ispezioni o verifiche; sono dovuti i maggiori tributi, le sanzioni in misura ridotta e gli interessi;
– nell’ipotesi prevista dall’articolo 2, comma 8, del Dpr 322 del 1998, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione, per correggere errori od omissioni che abbiano determinato l’indicazione di un minore reddito o, comunque, da cui consegua un minore debito d’imposta o un maggiore credito e fatta salva l’applicazione delle sanzioni; per le maggiori somme dovute, scaduti i termini per fruire della riduzione delle sanzioni in caso di ravvedimento entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo, le somme dovute, se non versate, le sanzioni e gli interessi saranno chiesti dall’agenzia delle Entrate e dagli istituti previdenziali per gli eventuali contributi dovuti.
Nel caso di presentazione della “dichiarazione integrativa”, è necessario evidenziare nella stessa quali quadri o allegati della dichiarazione originaria sono oggetto di aggiornamento e quali non sono stati invece modificati.

Entro 120 giorni il rimborso si può modificare in compensazione
E’ anche prevista la casella “dichiarazione integrativa (articolo 2, comma 8-ter, Dpr 322/98)”, che deve essere barrata solo in caso di presentazione di una dichiarazione integrativa, che modifica l’originaria scelta di richiesta del rimborso del credito, da usare in compensazione, a condizione che il rimborso non sia stato erogato anche in parte. In pratica, viene concessa una nuova chance ai contribuenti che, dopo avere presentato la dichiarazione annuale dei redditi e dell’Irap, si “pentono” di avere chiesto l’eccedenza a rimborso e vogliono modificarla in credito da usare in compensazione. Per modificare la scelta espressa in dichiarazione hanno 120 giorni di tempo. Condizione per presentare la dichiarazione integrativa è che sia stata validamente presentata la dichiarazione originaria. Per quanto riguarda quest’ultima, si ricorda che sono considerate valide anche le dichiarazioni presentate entro novanta giorni dal termine di scadenza, fatta salva l’applicazione delle sanzioni. La modifica da rimborso in compensazione, da fare entro 120 giorni, è prevista dal nuovo comma 8-ter, inserito nell’articolo 8, del Dpr 322/1998, dall’articolo 7, comma 2, lettera i), del decreto legge 13 maggio 2011, n. 70, cosiddetto “decreto sviluppo”. Esso stabilisce che all’articolo 2, del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, dopo il comma 8-bis è aggiunto il seguente: “8-ter. Le dichiarazioni dei redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive possono essere integrate dai contribuenti per modificare la originaria richiesta di rimborso dell’eccedenza d’imposta esclusivamente per la scelta della compensazione, sempreché il rimborso stesso non sia stato già erogato anche in parte, mediante dichiarazione da presentare entro 120 giorni dalla scadenza del termine ordinario di presentazione”.

2 maggio 2013

Fonte: Il Sole 24 Ore